Via Rubattino, fra i palazzi c’è la piscina dei rom

Via Rubattino, periferia Est di Milano. Comincia qui il viaggio nella zona 3, sul bordo di un laghetto artificiale costruito sotto un cavalcavia della tangenziale Est per abbellire il parco di un complesso edilizio di recentissima costruzione. Ci sono i pesci rossi, la vegetazione e anche una spiaggetta di sabbia. Per questo i rom che occupano una casa bianca abbandonata poco distante - al civico 86 di via Rubattino - hanno deciso di usarlo come piscina privata. Ogni sabato, fra le 15 e le 16, si danno appuntamento per fare il bagno o lavare i panni.
A raccontarlo è uno di loro. «Vivo in Italia da 37 anni - dice mentre si asciuga i capelli -. Sono stato a Napoli e Roma prima di venire qui. Occupo una vecchia casa con altre persone, tutti cittadini romeni. Veniamo qui per rinfrescarci e lavare i vestiti». Che poi vengono fatti asciugare sulla recinzione che separa l’area cani dal resto del parco. I residenti, che già sono costretti a vivere a ridosso di tre immense fabbriche ormai dismesse e semi distrutte, non ne possono più. «Subiamo di continuo tentativi di furto - racconta un pensionato -, proprio poche settimane fa hanno cercato di forzare la serratura del mio box. Inoltre, i nomadi hanno preso di mira un grande supermercato qui vicino. Fanno razzia di qualunque cosa, soprattutto liquori, e poi scappano via». Alcuni vagabondi hanno scelto proprio le fabbriche abbandonate per creare il loro rifugio. Le recinzioni divelte o del tutto sfondate sono il segno di passaggi continui. Sotto le porzioni di tetto ancora intatte ci sono i segni degli insediamenti abusivi: materassi gettati in terra, cumuli di vestiti sporchi e montagne di rifiuti. Tutto questo a pochi metri dal parco dove i residenti prendono il sole, leggono, vanno in bicicletta e fanno giocare i propri bambini.
Da via Rubattino a viale Abruzzi cambiano i problemi, ma il senso di insicurezza dei cittadini è comunque alto, nonostante i progressi. Non ci sono i rom, qui, ma le prostitute e i transessuali. Che a dispetto delle telecamere installate dal Comune per aumentare il controllo e delle multe salate comminate ai clienti che si fermano per strada, continuano a darsi appuntamento ogni sera, cercando di nascondersi nelle traverse meno illuminate. Il via vai è continuo, anche se la situazione è migliorata da quando Comune, Consiglio di zona e Comitato apolitico di quartiere hanno cominciato a collaborare. Poco distante c’è corso Buenos Aires, una delle più importanti arterie dello shopping. Anche qui la circolazione è spesso paralizzata. Questa volta a causa delle auto parcheggiate in doppia e qualche volta persino terza fila. Mentre gli ambulanti, che vendono merce contraffatta davanti alle vetrine delle boutique, creano problemi ai commercianti. E di certo non regalano un grande spettacolo ai turisti che affollano la strada in cerca di grandi affari. Svoltando l’angolo, poi, ci si ritrova in una vera e propria casbah. Dove trovare negozi o supermercati italiani è un’impresa. Stesso discorso per i ristoranti: qui sono quasi tutti etnici. Soprattutto africani.
Ma la zona 3 è anche il quartiere Ortica, uno dei più antichi della città, reso celebre da una canzone di Enzo Jannacci. Qui i residenti sono quasi tutti anziani, le case basse. Tutto fa pensare a calma e tranquillità, a parte il muro che costeggia la ferrovia: da qualche tempo è diventato la tavolozza sulla quale i writer si esercitano.

Non esiste un solo centimetro libero da scritte e murales. E anche via Benedetto Marcello, dove l’emergenza è costituita da un immenso cantiere per la costruzione di un parcheggio sotterraneo. E dalla microcriminalità, che qui è particolarmente diffusa.

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