Rutelli congela il partito unico: Ds poco pluralisti

I Dl chiederanno in Senato il sostegno alla dichiarazione bocciata da Mussi

Roberto Scafuri

da Roma

Alla «frattocchie» prodiana di San Martino in Campo il ministro della Ricerca, Fabio Mussi, ce l’ha messa tutta per spiegare ai suoi colleghi cattolici (Fioroni in testa) che il ritiro della firma italiana alla «dichiarazione etica europea» era «improcrastinabile» perché rischiava di bloccare i fondi Ue destinati alla ricerca tout court, e non solo quella sulle staminali. E che delle migliaia di progetti presentati per accedere ai fondi, solo otto riguardano la ricerca sugli embrioni.
Ma le giustificazioni del ministro sono servite a poco, e sotto la cenere prodiana ha preso a divampare anche un’ardente brace cattolica. Che in settimana ha rianimato l’intergruppo nato nel 2005 in funzione anti-referendum sulla fecondazione. È un fronte cattolico sostenuto attivamente dalla Cei e dal quotidiano Avvenire, che ora ha preso la denominazione «Persona e bene comune», e va dalla Margherita (primi firmatari Luigi Bobba, Paola Binetti, Renzo Lusetti) a Forza Italia (Maurizio Lupi), ad An (Alfredo Mantovano, Riccardo Pedrizzi). La prima uscita sarà martedì, anniversario del tonfo laico al referendum sulla procreazione assistita. Al Capranichetta ci sarà un convegno promosso dalla Binetti, proprio mentre alcuni senatori cercheranno di far mettere in discussione con urgenza la mozione che chiede la riconferma del sostegno alla «dichiarazione etica». Giovedì i fuochi saranno invece alla Camera, dove in commissione Sanità e Cultura il ministro Mussi sarà chiamato a rispondere della sua decisione, che ieri il quotidiano dei vescovi definiva «colpo di mano». A tentar di placare le acque è intervenuta la capogruppo dei senatori ulivisti, Anna Finocchiaro, chiedendo ai cattolici una «moratoria sui temi etici». «Chiedo a tutti di fermarci un attimo: una moratoria, non un richiamo all’ordine... giovedì prossimo, quando Mussi interverrà in commissione, dovremo discuterne nell’Assemblea di gruppo dell’Ulivo. Io non ho nulla contro la trasversalità, ma se ciascuno di noi ha scelto di stare nei gruppi dell’Ulivo vuol dire che ha già eletto il luogo in cui confrontarsi...».
Il richiamo è servito a poco. Il leader dei Dl, Francesco Rutelli, pur «non volendo scendere in polemica», ha risposto che «in Italia non c’è una questione cattolica e dobbiamo evitare che qualcuno voglia farla nascere». E poi ha affondato, ricordando che nel partito unico dell’Ulivo sui temi etici e culturali «c’è ancora un problema», perché se la Margherita «è pluralista, vorremmo che ciò avvenisse anche altrove». Sulla decisione di Mussi, Rutelli ha detto che «in Europa è giusto che non ci siano minoranze che mettano veti, ma neppure maggioranze che impongano». Secco il «no» alla moratoria della Binetti: «Sui temi etici non ci possiamo fermare...». E se Lusetti ha rivendicato la «libertà di parlare con l’opposizione», l’ex aclista Bobba ha rincarato la dose: «La moratoria non può essere unilaterale: finora gli atti formalmente rilevanti sono venuti dallo stesso partito della Finocchiaro. Lei fermi Mussi e i Pacs, poi ci sarà la moratoria...».

E così persino il presidente ds della commissione Affari sociali, Mimmo Lucà, ha finito per sconfessare il compagno di partito-ministro: «Non ho condiviso la decisione di Mussi... Decisioni così importanti esigono il rispetto della collegialità, e se davvero si vogliono risolvere problemi così importanti è bene tornare a toni più sobri e a una reale ricerca di dialogo».

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