Con il termine Binge Eating Disorder si indica un disturbo da alimentazione incontrollata. A caraterizzarlo sono ricorrenti episodi di abbuffate che, secondo il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, devono verificarsi in media almeno due volte a settimana per un periodo di 6 mesi. Questa problematica del comportamento alimentare è molto diffusa e si pensa che interessi il 2-3% della popolazione adulta, in particolare uomini (40%). In Italia la sua incidenza è stimata tra lo 0,7% e il 4,6%. Inoltre si ritiene che il disturbo colpisca prevalentemente tra la seconda e la terza decade di vita. Tuttavia indagini retrospettive hanno rivelato che la perdita di controllo sul cibo si manifesta con largo anticipo rispetto alla diagnosi e, in genere, prima dei 20 anni. Questo lasso temporale potrebbe spiegare in parte la tendenza alla cronicizzazione della problematica.
Esistono dei criteri diagnostici ben precisi per individuare il Binge Eating Disorder. Gli episodi ricorrenti di abbuffate devono essere associati ad almeno tre dei seguenti sintomi: mangiare molto più rapidamente del normale, alimentarsi in solitudine perché si prova un senso di vergogna, ingerire cibi fino a sentirsi spiacevolmente pieni. Ancora consumare grandi quantitativi di alimenti anche in assenza di appetito o di fame, provare depressione e sensi di colpa nei confronti di sé stessi. I momenti bulimici non si associano alle regolari procedure di compenso tipiche degli stessi: abuso di lassativi, intenso esercizio fisico e vomito autoindotto.
Non si conoscono con esattezza le cause del Binge Eating Disorder. Esistono, tuttavia una serie di fattori di rischio che contribuiscono alla sua comparsa: genetici, neuroendocrini, evolutivi ed affettivi, sociali. Secondo alcuni studi la prevalenza del disturbo è più elevata nei soggetti che hanno almeno un parente di primo grado che soffre della stessa patologia (60%) rispetto a famiglie in cui questa è assente (5%). Da anni la ricerca focalizza l'attenzione sulla possibile influenza dei fattori ormonali nella patogenesi delle abbuffate incontrollate. Sotto la lente di ingrandimento soprattutto l'insulina, l'adiponectina, la leptina, la grelina e i cannabinoidi. Anche le esperienze di vita infantile giocano un ruolo importante. Sono da ritenersi pericolosi i disturbi depressivi dei genitori, la tendenza all'obesità e la continua esposizione a commenti negativi riguardanti il peso, la forma fisica e la modalità di alimentazione. Tra i fattori psicosociali si ricordino l'insoddisfazione per l'immagine corporea e il frequente ricorso alle diete dimagranti.
Pur non avendo fame, l'individuo che soffre di Binge Eating Disorder ingerisce grandi quantitativi di cibo, fino a sentirsi dolorosamente sazio. Nonostante sia consapevole delle conseguenze sulla salute, il soggetto non riesce a fermarsi o a controllare cosa e quanto sta mangiando. Con il passare del tempo l'eccesso di calorie porta a un considerevole aumento ponderale, con conseguente obesità e complicazioni quali diabete, apnee notturne, malattie cardiovascolari e ipertensione arteriosa.
Sintomi comuni del Binge Eating disorder includono: aumento dell'appetito, dolore e crampi addominali, iperfagia, meteorismo funzionale, pesantezza e stomaco gonfio. Il trattamento del disturbo si basa sulla terapia cognitivo-comportamentale, associata ad un supporto dietetico-nutrizionale. Talvolta si ricorre agli antidepressivi.
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