Le infezioni urinarie sono causate dalla presenza di batteri nella vescica e caratterizzate da minzione frequente e dolorosa. Una terapia antibiotica contrasta la sintomatologia, ma spesso il sollievo è temporaneo. Un quarto dei soggetti di sesso femminile, infatti, sviluppa una recidiva entro sei mesi. Secondo uno studio condotto dagli scienziati della Washington University School of Medicine di St. Louis, del Broad Institute del MIT e di Harvard, un ciclo di antibiotici elimina i batteri responsabili del disturbo solo dalla vescica, ma non dall'intestino. Quelli che sopravvivono qui possono moltiplicarsi e diffondersi nuovamente alla vescica, provocando altre infezioni urinarie. Lo studio è stato pubblicato su "Nature Microbiology".
Inoltre si è scoperto che cure frequenti con antibiotici devastano il microbioma intestinale, ossia l'insieme di batteri utili che normalmente vivono nell'intestino. Le donne con infezioni urinarie ricorrenti protagoniste della ricerca avevano microbiomi carenti di importanti gruppi di batteri che regolano l'infiammazione e presentavano una firma immunologica distinta nel sangue indicativa di uno stato flogistico. La maggior parte dei disturbi a livello vescicale sono causati dall'Escherichia coli. Gli studiosi hanno esaminato 15 individui di sesso femminile con storie di infezioni urinarie ripetute e 16 soggetti sani. Nel corso di un anno le 15 partecipanti hanno sofferto di 24 infezioni.
Successivamente sono stati prelevati campioni di urina, sangue e feci. La differenza fra le donne con infezioni urinarie frequenti e quelle sane non si riduceva solo al tipo di Escherichia coli presente nell'intestino e nella vescica, ma consisteva nella diversa composizione dei loro microbiomi intestinali. Nei pazienti con infezioni urinarie ripetute si è constatata una diminuzione delle varie specie microbiche intestinali sane. Questa condizione potrebbe fornire maggiori opportunità alle specie che provocano malattie di prendere piede e di moltiplicarsi.
In particolare negli individui a rischio erano scarsi i batteri che producono butirrato, un acido grasso a catena corta con effetti antinfiammatori. Gli esiti della ricerca evidenziano l'importanza di trovare alternative agli antibiotici o di riequilibrare il microbioma attraverso trapianti fecali, alimenti probiotici e altri mezzi.
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