Primo orecchio 3D con cellule umane: ecco lo straordinario intervento

La chirurgia fa passi da gigante negli Stati Uniti: è stato impiantato il primo orecchio 3D in una giovane paziente messicana affetta da una malformazione. Ecco com'è andata e cos'è il bio-printing

Primo orecchio 3D con cellule umane: ecco lo straordinario intervento

Medicina e scienza, a braccetto, stanno abbattendo le barriere più impensabili fino a pochi anni fa: un orecchio stampato in 3D con cellule umane, è stato trapiantato con successo e per la prima volta in una paziente nata con una malformazione. La giovane donna è una 20enne messicana nata con l'orecchio destro piccolo e deformato rispetto al sinistro. La tecnologia, adesso, ha fatto la sua parte: il destro è stato stampato esattamente come il sinistro a partire dalle cellule della paziente.

Com'è andato l'intervento

Lo straordinario intervento è stato effettuato negli Stati Uniti: si tratta del "primo orecchio biostampato in tessuto vivente", come spiegano gli esperti dell'azienda americana 3DBio Therapeutics, che ha realizzato materialmente il prodotto. Il trapianto, perfettamente riuscito, è stato effettuato a marzo ma la notizia è stata data soltanto in quesi giorni. Il tessuto cartilagineo si continuerà a rigenerare fin quando la giovane paziente non avrà la sensazione di avere un orecchio naturale al 100%. "Dimostra che questa tecnologia non è più un 'se', ma un 'quando'", ha affermato al Messaggero il dottor Feinberg, co-fondatore di un'azienda di medicina rigenerativa che si serve anche della stampa tridimensionale. La sperimentazione non è terminata ma è tutt'ora in corso visto che altri 11 pazienti dovrebbero avere la stessa sorte della giovane messicana.

Cos'è la microtìa

Gli esperti guardano a quest'intervento come l'abbattimento di una nuova frontiera di successo in campo medico. La ragazza, che vuole essere chiamata soltanto con il nome di Alexa, è affetta da microtìa, difetto congenito che "rende il padiglione auricolare o la parte esterna dell'orecchio piccolo e malformato" e in alcuni casi può compromettere anche l'udito. Un caso ben riuscito non vuol dire che tutti abbiano la stessa sorte: i medici tengono a preciserare che alcuni trapiani possano ancora fallire ma che, come nel caso di Alexa, è altamente probabile che il nuovo orecchio non sia rigettato dall'organismo. La stessa tecnologia potrà essere usata anche per realizzare numerose altre parti del corpo umano tra le quali il naso, i menischi del ginocchio e perfino i dischi spinali della colonna vertebrale.

Una rivoluzione mondiale

"È così eccitante, a volte devo temperarmi un pò", ha dichiarato al quotidiano italiano Arturo Bonilla, chirurgo pediatrico ricostruttivo dell'orecchio a San Antonio, Stati Uniti, che ha impiantato il nuovo orecchio alla donna. "Se tutto andrà come previsto, questo risultato rivoluzionerà il mondo", ha sottolineato. La paziente, adesso, è in perfetta forma e la sua autostima è aumentata: non dovrà più nascondere l'orecchio destro tra i suoi capelli.

Cos'è il bio-printing

In senso assoluto, però, non si è trattato del primo trapianto con una cartilagine prodotta in bio-printing. "Era già successo qualche anno fa in Cina - spiega a Repubblica Lorenzo Moroni, professore di Biofrabbricazione della Medicina Rigenerativa all'Università di Maastricht - La cartilagine dell'orecchio è una delle più semplici da riprodurre. Gli scienziati cinesi l'avevano trapiantata su pazienti con microtia, la stessa malformazione congenita della paziente americana". In passato, però, i pazienti cinesi hanno manifestato alcune problematiche all'orecchio, il cui tessuto è tornato a degenerarsi.

Ma come funziona questo processo di bio-printing? In pratica, le cellule staminali "vengono racchiuse in micropalline o incorporate in un gel che fa da trasportatore - aggiunge Moroni - Può trattarsi di un gel al collagene o di gelatina oppure di gel all'acido ialuronico.

È una tecnica innovativa, ma non esistono ancora molti studi clinici". I costi sono alti, la sperimentazione continua per capire se sarà il trattamento più affidabile e se il tessuto, effettivamente, continuerà a rigenerarsi.

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