Salvate il soldato Piero

La giornata di ieri è iniziata con una nota umoristica offertaci dal presidente di Confindustria. Luca Cordero di Montezemolo dice che non bisogna andare avanti come ai tempi di Giulio Cesare, inventandosi complotti. Citare un grande condottiero romano eliminato a pugnalate da una congiura, per dire che nella storia non esistono i complotti, non può non far sorridere. Più politico è il richiamo montezemoliano alle forze sane dell'Italia ad unirsi per salvare questo straordinario Paese. La frase ha un suono vagamente già sentito (e non proprio in ambienti commendabili). Comunque, che cosa intende il leader degli imprenditori: che alle prossime politiche non ci sarà uno scontro tra due coalizioni diverse, con programmi diversi, con i singoli e le forze sociali che sceglieranno uno o l'altro schieramento? Lo scontro sarà tra sani e malati? All'uopo ci sarà bisogno di togliere qualche mela marcia dallo schieramento dei sani, come Massimo D'Alema salvando il soldato Piero Fassino, solo un po’ troppo chiacchierone? E l'attacco ai sani sarebbe organizzato dalla «poderosa armata dei media» di Silvio Berlusconi come scrive Gianni Riotta sul Corriere della Sera, mentre il quotidiano di via Solferino, che presenta ben tre tagli (intervista a Pietro Ingrao, intervista a Paolo Flores d'Arcais e intervista a Linda Lanzillotta) per incalzare Fassino e separarlo da D'Alema, sarebbe un giornale amico? O anche solo obiettivo?
La democrazia, con buona pace di Montezemolo, non è uno scontro tra sani e malati, ma tra posizioni diverse. Imprenditori e stampa hanno tutta la legittimità di partecipare allo scontro ma non possono vantare il diritto di non essere a loro volta criticati. È la libertà, bellezza. Comunque i cittadini devono avere sempre coscienza che lo scontro politico, pur animato da etica, ideali, valori, radici sociali, è uno scontro per il potere. Per chi decide sulla cosa pubblica, con che indirizzo, con che limiti, con che mandato. Anche per valutare la discussione tra i Ds, ad esempio, è utile considerare la dimensione del potere: potere che in questo caso ha anche una scadenza ben definita. Entro febbraio vanno presentate le candidature dei diessini per le elezioni politiche sia nella lista unitaria con la Margherita alla Camera, sia nella lista di partito al Senato. Proprio questa scadenza mette alla luce nuovi comportamenti nel partito postcomunista: un tempo chi voleva essere sicuro di essere candidato, sotto elezioni esprimeva il massimo di fiducia nel gruppo dirigente. Oggi chi vuole difendere la candidatura propria e dei suoi amici, alza la voce per poter recriminare successivamente e magari lasciare un partito che non lo favorisce più. Da qui le minacce di presentarsi ora a destra con i radicali ora a sinistra con Rifondazione. Il vecchio centralismo democratico, che come un fantasma in qualche modo abitava ancora le stanze diessine, sta evaporando rapidamente. Il cosiddetto «centro» del partito, grazie anche all'evanescenza politica di Piero Fassino, conta sempre meno. Anche se a febbraio sarà ancora questo «centro» a scegliere le candidature. Alla lunga la struttura dei Ds, e quindi - se nascerà - del futuro partito democratico, sarà federalista come in tutti i partiti socialisti europei (tra i laburisti pesano gli «scozzesi», tra i tedeschi ora questo ora quel Land, tra i francesi questo o quel sindaco).

Alla breve, il sogno di un ben noto circolo giornalistico-finanziario (più amichetti in Procura), di massacrare la vecchia guardia dalemiana appare complicato. Ai sani, forse, toccherà tenersi qualche mela marcia ancora per un po'.

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