Sam in Show, dilettanti allo sbaraglio in allegria

I n primo piano il campione Carl Lewis, fermo ai blocchi di partenza, con ai piedi un paio di scarpe rosso fuoco e tacchi a spillo vertiginosi. Sopra, uno slogan che recita: «Power is nothing without control». Potenza e controllo. Attorno a questi due elementi, evidenziati nella celeberrima pubblicità del ‘94 con protagonista uno dei volti più famosi dello sport, il marchio Pirelli ha costruito la sua immagine, i successi, le vittorie, riflettendo tutti i cambiamenti culturali, sociali e di costume dell'epoca contemporanea. Una storia industriale che per 138 anni, dal 1872 a oggi, è anche storia italiana.
In questi giorni, la Fondazione Pirelli - recentemente inaugurata a Milano dal presidente Marco Tronchetti Provera e dal direttore Antonio Calabrò - ha aperto al pubblico una parte di questo straordinario patrimonio: l’Archivio Storico Pirelli. Oltre due chilometri e mezzo di scaffalature con disegni, bozzetti, fotografie, manifesti, riviste, opere d’arte, oggetti di design che ripercorrono oltre un secolo di cultura d’impresa, italiana e internazionale. Dalle prime illustrazioni del marchio di Marcello Dudovich e Plinio Codognato ai 131 numeri della Rivista Pirelli, con le firme di Montale, Moravia, Saba, Gadda, Eco. Passando per gli «scatti d’autore» del Calendario The Cal, le campagne pubblicitarie della linea di abbigliamento, o gli oggetti cult degli anni ‘50, dalla «scimmietta Zizì» al «Gatto Meo» di Bruno Munari. Sono solo alcuni dei «tesori» di carta e non solo esposti nella nuova sede della Fondazione, il «Fabbricato 134» di Bicocca, cuore centenario dell’azienda di pneumatici e cavi fondata nel 1872 da Giovanni Battista Pirelli che qui, nel 1908, trasferì gli stabilimenti. Dopo un lungo lavoro di riordino, restauro e catalogazione, i materiali sono oggi a disposizione di tutti: studiosi, ricercatori, appassionati e semplici curiosi che finalmente li potranno ammirare e consultare (da lunedì al venerdì, su appuntamento, ingresso da viale Sarca 222, info: www.fondazionepirelli.org).
Il piano terreno dell’edificio - una palazzina anni Trenta, interamente ristrutturata - è riservato all’archivio, finora conservato in un deposito fuori Milano e tutelato dalla Soprintendenza Archivistica. Il piano superiore, invece, ospita gli uffici e un open-space di 200 mq destinato a conferenze, mostre, proiezioni ed eventi culturali. L’obiettivo della fondazione, infatti, non è solo quello di valorizzare la memoria storica del gruppo, ma di promuovere la cultura d’impresa contemporanea con progetti in proprio o con altri enti: istituzioni, fondazioni, università. Quanto al patrimonio storico, la fondazione ha recentemente acquisito le carte private di Alberto e Leopoldo Pirelli, figlio e nipote del fondatore Giovanni Battista, che testimoniano importanti eventi della storia economica internazionale: le prime documentano l’opera prestata da Alberto Pirelli al Paese come diplomatico ed esperto di finanza (dalla partecipazione ai negoziati della Grande Guerra ai numerosi incarichi istituzionali); le seconde ricostruiscono l’attività di Leopoldo alla presidenza del gruppo, dal 1965 al 1999, e ai vertici di Confindustria. Ma l’archivio Pirelli va ben oltre. Alla ricca collezione di campagne pubblicitarie, firmate dai più grandi designer europei, da Bob Noorda a Ugo Mulas, si aggiungono le immagini fotografiche degli stabilimenti in Italia e all’estero, realizzate da Gabriele Basilico, Luca Comerio e Carlo Furgeri Gilbert. O ancora, a conferma delle grandi vittorie automobilistiche di Pirelli, le fotografie di Juan Manuel Fangio in Argentina (1949) o di Antonio Brivo al Gran Premio di Monza (1932). Su tutto, però, trionfa il disegno (tre metri per cinque) appeso a una parete lungo le scale che portano al primo piano. È «La ricerca scientifica» di Renato Guttuso, commissionata da Pirelli per l’Expo di Torino del 1961.

L’opera, appena restaurata, raffigura uomini e donne in camice bianco intenti a studiare il mondo al microscopio. Un soggetto preso a modello per l’analogo mosaico, realizzato in quegli anni su scala 1:1 dai maestri dell’Accademia delle Belle Arti di Ravenna, e che oggi campeggia in bella mostra al primo piano della Fondazione.

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