San Lorenzo ora scopre l’incubo

«Sembrava un signore distinto, spesso in giacca e cravatta, sempre al cellulare». Gli abitanti e i negozianti di via dei Sabelli hanno ben presente il volto di Danilo Speranza. Lo conoscono perché lo hanno visto spesso a passeggio per la strada, con il cane al guinzaglio. Ma nessuno sapeva di avere di fronte il guru della fantomatica setta Re Maya, tantomeno uno stupratore di minorenni o un truffatore.
Le bambine che invece ha violentato, una ventina circa, difficilmente riusciranno a dimenticarlo. Lo chiamavano «zio Danilo», inizialmente si fidavano di lui anche perché erano state le mamme ad affidarle a quell’uomo, che poteva essere loro padre. Erano tutte orfane o figlie di genitori separati e quindi più fragili. Due, però, si sono fatte forti, cementando la loro amicizia. All’epoca dei fatti, che si sono protratti dal 2006 al 2008, avevano 11 e 12 anni. Nei loro racconti emerge il terrore e la vulnerabilità di fronte a quell’uomo, che aveva plagiato e assoggettato psicologicamente le loro madri. Inizialmente credevano che il guru, «il Settimo Saggio», fosse una sorta di educatore tanto da convincerle che «il loro Karma era negativo e il suo Dna le poteva curarle definitivamente». Ma poi, nella loro amicizia, hanno trovato il coraggio di allearsi per uscire dall’incubo.
Entrambe hanno parlato ai vigili urbani dell’VIII gruppo di quando Speranza le costringeva a salire sulla sua macchina per portarle a Mazzano, in provincia di Roma. «Già durante il percorso - racconta una delle bambine due anni dopo - iniziavano gli abusi. Mi toccava il seno, io rimanevo paralizzata, non capendo cosa stava accadendo. Lui mi diceva di stare tranquilla perché lui era il mio padrone e non mi avrebbe fatto del male anzi mi avrebbe fatto stare bene».
Scene orribili, come quella che si consuma in una camera da letto. «Io tentavo di sottrarmi, ma ero bloccata dal suo peso non riuscivo a profferire parola - dice la bimba agli investigatori -. Poi ho pianto chiusa nella mia stanza».
L’amichetta, figlia di un’immigrata, veniva invece ricattata. «Se non vieni da me stanotte - le diceva Speranza - tua madre, che è impazzita, ti riporta in Africa». «La seconda volta che sono entrata nella sua stanza, una sera di fine agosto del 2006, avevo 11 anni - racconta -. Ero spaventata e irrigidita e lui si è arrabbiato perché diceva che dovevo stare tranquilla, che lo stava facendo per me». Poi alla fine l’agghiacciante commento: «Continua così, aspettiamo un po’ di tempo e vedrai che per te sarà una cosa normale». Abusi ripetuti per due anni, assieme a violenze psicologiche, a pestaggi anche davanti alle madri. Un inferno che le bimbe hanno raccontato agli agenti solo nel 2009.
Eppure Speranza dava l’impressione di essere una persona tranquilla. «Lo vedevamo spesso fermo davanti alla porta del centro della sua comunità - spiega una residente in via dei Sabelli -. Non abbiamo mai capito con chiarezza cosa facesse lì fuori e che attività si svolgesse all’interno. Alcuni africani, in passato, mi hanno detto che dava loro una mano affinché ottenessero i permessi di soggiorno». «Non mi ha mai fatto una buona impressione - dice un’altra residente - a volte girava in via dei Sabelli accompagnato da qualcuno, ma non abbiamo mai pensato che potesse fare le cose di cui è stato accusato».


Invece il guru si è macchiato di truffa aggravata, stupro su minorenni, false dichiarazioni all’autorità giudiziaria e rischia l’accusa di riduzione in stato di schiavitù. «Crimini orrendi e di inaudita gravità - dichiara Lavinia Mennuni, delegata del sindaco alle Pari opportunità -. Come amministrazione comunale non possiamo non costituirci parte civile nel processo».

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