È il «boia chi molla condito con svastiche» ad alzare brutalmente i toni l'altra sera in consiglio a Santa Margherita Ligure. Che viene subito dopo quello del 9 aprile, quello che l'opposizione ha cercato di stoppare al Tar e poi ha disertato; quello che nella foga solidale ha fatto pronunciare all'assessore Bernardin il «boia chi molla»; quello della consigliera Cattoni che diceva di rifiutare l'immobilismo di una minoranza che siede nei banchi dell'asino, apostrofando quei consiglieri con un «possono dire di non avere scheletri negli armadi?». E che viene dopo le svastiche schizzate in rosso nella notte tra il 23 e il 24 aprile sulla facciata del Municipio, repentinamente rimosse all'alba del 24.
E a cancellarle, ore 6.45, con i vigili chi c'è? L'assessore Bernardin. La minoranza ci va a nozze e in apertura di consiglio schiaffa lì due mozioni di sentimento che alzano i toni, tirano mezzanotte e fanno dire al consigliere Germi: «Chi ci ascolta si chiederà se siamo in un'aula o in un pollaio». Fuoco di fila dell'opposizione tutta che accusa l'assessore di essersi fiondato la mattina di Pasqua a pulire le svastiche senza prima avere denunciato l'oltraggiosa violazione: «Abbiamo pensato che volesse redimersi» ironizza il consigliere Pdl Chiarelli. Poi la requisitoria sul pronto intervento, con il consigliere Costa, Pdl, che ricorda quando minacce di morte furono scritte sulla tomba di famiglia e lui si guardò bene dal cancellarle prima di denunciare l'atto. E Il consigliere Balsi che insiste sul come si sia così vanificata la possibilità di risalire all'artefice analizzando vernice e tratto. Gli chiedono lumi sul comportamento, e Bernardin, zitto e mosca, pensa al Ris di Parma e conferma solo di aver telefonato ai carabinieri che gli hanno suggerito di rivolgersi alla polizia municipale. Agli atti risulta che l'assessore, in loco, a ripristinare c'era con i vigili, che già avevano inoltrato denuncia contro ignoti alla Procura. Ma il Bernardin tace. A sollevare le sorti dell'assessore-in-bilico tra citazioni poco consone e svastiche da «detergere», ci pensa il sindaco De Marchi: «Qui non si cerca un confronto, ma si esercita il teatrino della politica -stigmatizza-. L'accusa è di avere pulito subito ed eliminato così il corpo del reato, ma se non fossimo intervenuti, considerata l'immediatezza del 25 aprile, la mozione sarebbe stata di condanna». L'altra discussione si centra sui verbali del consiglio disertato e sugli ipotetici «scheletri negli armadi» menzionati dal capogruppo di Gente per Santa Vera Cattoni. Ma lei, invitata dalla minoranza a rettificare e sollecitata a rivolgersi alla magistratura se in possesso di prove, gela tutti con un semplice: «Uccello piccolo non merita colpo». E le pratiche, quelle vere, finiscono in super coda.
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