Santanchè e il velo anche sulla Cnn

Luca Telese

da Roma

Ventiquattr’ore a cento all’ora. Ventiquattr’ore scortata. Alla Camera, al Senato. E di nuovo in Commissione, poi radio, poi mondovisione, poi riunione notturna con le donne islamiche. Dopo le minacce dell’imam di Segrate, Daniela Santanchè inizia la sua settimana sotto tutela illuminata dalla Cnn: ore 9.30, una bellissima via di Roma a un passo dal Nazzareno, Alessio Vinci, corrispondente del network: «Le ultime volte che ho fatto un servizio così è stato per Berlusconi e per il Papa». La deputata di An sorride: «Cominciamo bene...».
Ore 9.31, cornetto & Cnn. Colazione nel solito bar, sotto gli occhi vigili del capo scorta Stefano. Giornali già letti a casa, sulla prima del Corriere della Sera un articolo di Fini: «Sbagliata una legge anti velo». Per tutto il giorno le diranno: è il contrario di quel che sostieni. E lei, granitica: «Leggete bene. Il titolo è forzato, ha la mia posizione». La sua posizione la Santanchè la illustra a Vinci. È nel suo studio: camicetta Dolce & Gabbana, sciarpa in tinta per velare un décolleté assassino. Daniela è un fiume in piena: «Non possiamo abbassare il capo. Né arrenderci alle minacce. La mia è una battaglia di principio, riguarda milioni di donne. Il velo è come la stella gialla degli ebrei, non possiamo accettarlo!». Nuovo affondo: «Basta con le odi al relativismo culturale, il buonismo e il politicamente corretto. Dobbiamo - conclude - abbandonare le vie oblique, andare al cuore del problema». E poi: «Il velo è uno strumento di penetrazione nella nostra società, un mezzo di propaganda inventato dai fratelli musulmani». Il corrispondente della Cnn, apprezza la chiarezza, scherza: «Buonismo per noi è intraducibile!».
Ore 11.00 Lorenzino «sa». Corsa in Aula, c’è da votare. Attraversando Montecitorio spiega: «La scorta mi fa rinunciare alle due cose che amo di più». Quali? Sorriso: «La bicicletta e correre». Poi si fa seria e racconta il terremoto privato. A suo figlio «Lorenzino», 9 anni, ha detto: «Non è una cosa pericolosa, è una sorta di promozione...». Ma i bambini mangiano sempre la foglia: «Cos’è una condanna a morte, mamma?». Lei: «E come al cinema: lo dicono, ma non è vero». Lui: «Allora siamo in un film?». Lei: «Più o meno». Sospiro: «Provi ad addolcire la pillola, ma gli amici, i Tg...».
Ore 12.50, da Fortunato al Pantheon, ospite di Lino Iannuzzi, un rito. Per strada sistema l’emendamento «pensioni di platino», l’ultima trovata. «L’altra sera vedo Report...». Programma comunista? Alzata di spalle: «Può non piacere, ma fa inchieste serie, come quella sulle liquidazioni». E allora? «Penso: e se tassassimo quelle sopra il milione e mezzo di euro... Faccio i calcoli, scopro che con un contributo di solidarietà del 25% si ottengono 150 milioni!». Risultato: «Due ore dopo era già pronto l’emendamento - con copertura - e 50 firme da Rifondazione ad An. Col ricavato - spiega - finanziamo l’istruzione e la tutela delle donne immigrate!». E poi: «L’80 per cento di quelle che arrivano in Italia sono analfabete, segregate...».
Ore 13.30, Selma & Lino. Pranzo memorabile. Arriva Selma Ferrara, con zainetto e le parole giuste: «Per tradurre buonista dì bleeding hearts liberal, i... “cuori sanguinanti liberal”. Capiranno tutti!». Davanti alle puntarelle di Fortunato esplode il dibattito con Iannuzzi. Daniela: «Mi fanno ridere quei giornalisti che chiedono alle donne velate: “Lei è d’accordo col velo?” Che pensano? Che quelle dicano no e poi si fanno ammazzare? Mavaaa’...». Iannuzzi: «È una posizione illiberale, Daniela. Prima di tutto c’è la volontà dell’individuo...». Selma: «Lino, sei impazzito!?». Poi, alla Santanchè: «Vedi gli uomini? Tutti per metà talebani, persino Giuliano un po’». Ore 14, driin-driin, telefonino: «È il primo giornale croato, vorremmo un’intervista». La polemica a tavola continua. Daniela: «Selma, siamo noi donne a capire di più. Organizziamo un network mondiale anti-oscurantista. Io mercoledì prossimo a New York incontro le musulmane moderate». E, di nuovo a Iannuzzi: «Scusa Lino, così finisci per giustificare anche la poligamia!». E lui, sigaro in bocca: «Ah no, quella mai!».
Ore 15.00. Radio & polemiche. Driin-driin, nuova intervista, la radio canadese. La Santanchè sfodera il suo inglese. Poi a Radio 24, faccia a faccia con la diessina Rosa Calipari nel talk sulle donne di Elisabetta Fiorito (va in onda sabato alle 9.00). Scintille fra le due. Rosa: «Lei fa una propaganda pericolosa! Non si può ridurre tutto al problema del velo». Daniela: «Parte tutto da lì!». La diessina: «In Italia una legge c’è già». Daniela: «Sbagli! Una sentenza del Tar e una circolare del ministero dell’Interno escludono il velo dalla legge antiterrorismo 152/1975. Quindi il problema c’è, eccome!». Di nuovo in commissione. Poi in Aula, parla con Bertinotti: «Facciamo una commissione di inchiesta sulla condizione delle donne immigrate in Italia». Lui: «Non sono contrario».
Ore 20.00, Palazzo Madama, colloquio con le senatrici del Polo: «Organizziamo una grande manifestazione anti-velo con le musulmane moderate. Dobbiamo difendere la 152». Driin-driin: «Sono Fede: Daniela, dieci minuti alla Cnn!». Lei: «Non ho visto».
Ore 22.00, «Senza veli». A casa, con le rappresentanti delle comunità moderate, per preparare «il manifesto» anti-velo. Sorride: «Le sembro matta? Spero di no. Vede, un’altra forse si sarebbe depressa.

Io invece penso: quel che mi è successo è un’occasione. Si è rotto il muro di indifferenza. La gente ha capito: o lo strappiamo ora, questo velo, oppure mai più». Poi una pausa, un sorriso: «E quindi ora, ovviamente».
Luca Telese

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