A Santoro basta internet per gettare fango

Il giornalista attacca il premier e Dell’Utri. Il senatore di Fi: non replico, direi cose spiacevoli

A Santoro basta internet per gettare fango

Paolo Brusorio

da Milano

In attesa di una trasmissione, internet. Aspettando le luci della prima serata, la chat alle tre del pomeriggio. Il Michele Santoro on tour è partito da Roma, passato da Palermo e sbarcato ieri a Milano: l’ex parlamentare europeo sponsorizza La mafia è bianca, libro-dvd scritto da due giornalisti della squadra di Sciuscià, ma in questo momento anche utile cavallo di Troia per giocare alla primadonna. Così ieri: un’ora a rispondere alle domande, scelte dalla moderatrice Valeria Palumbo, di chi si era collegato al sito www.bur.rcslibri.it. Solo a quelle santorianamente utili, però, visto che tranne un graffio di un elettore deluso, interrogativi e osservazioni contro sono rimaste parola morta sul web.
«Rivoglio il mio microfono», aveva detto da Celentano. Gliene hanno dato uno e lui ha rispolverato i suoi evergreen. Sulla scia dell’arresto di un deputato siciliano dell’Udc, si parte dalla mafia, i bersagli grossi sono i soliti. Il primo è il presidente della Regione Salvatore Cuffaro: «Ha detto che la mafia fa schifo? Bella forza. Non so se Cuffaro sia un mafioso, certo ha la responsabilità politica di aver chiesto voti a chi ha ucciso Falcone e Borsellino. Quindi deve dimettersi. E in tutto questo Casini evoca la questione morale. Cosa fa, il gioco delle tre scimmiette? Non vede, non sente e non parla».
Un navigatore gli chiede della mafia russa, diventata ormai più potente di quella nostrana. Santoro sposta il mirino su un vecchio obbiettivo, senza nemmeno troppi giri di parole. Si parla delle trattative per il gas russo: «Il figlio di Vito Ciancimino vi ha investito dei soldi. E poi ho saputo che anche Dell’Utri si sta occupando di Russia, c’è sempre dove ci sono i mafiosi, ma ovviamente lui non ne sa mai niente». Il senatore di Forza Italia preferisce il silenzio («dovrei dire solo cose spiacevoli»), mentre in chat il contraddittorio è inesistente: più di un partecipante al forum lo fa notare con messaggi in tempo reale che, però, vengono ignorati.
Si cambia argomento: la ricomparsa in tv. «Aspetto la ratifica delle dimissioni, poi mi presenterò con il mio panierino come al primo giorno di scuola: sarà una battaglia interessante. Il ritorno farà il gioco di Berlusconi? Il rischio c’è, ma lui non deve ancora averlo capito visto che si è sdraiato sui binari per impedire che passi il mio treno». L’assenza delle telecamere, se non quelle del web, allenta i freni inibitori. Si scivola sulla terza persona, «solo un un pazzo poteva pensare di sostituire Santoro con Masotti, rappresentiamo due mondi diversi. Ecco Floris è più giusto, anche se Santoro usa un linguaggio che Floris non possiede. A decidere non devono essere i politici né il premier, ma il pubblico».
È il momento delle «spalle al muro». Messaggio dalla provincia di Salerno: «Caro Michele, sono un Tuo elettore, rimasto privo di rappresentanza nel Parlamento europeo dopo che Tu hai maturato la decisione di dimetterti. La delusione per una scelta così repentina, e non concordata certo con il tuo elettorato, è grandissima...». Mister settecentotrentamila preferenze, salernitano pure lui, non fa una piega: «Per rappresentare gli interessi regionali in Europa ci vuole qualcuno più legato al territorio, io sono un personaggio nazionale imprestato alla politica. Sono andato in Europa per sostenere la libertà di espressione, ma ho scoperto spazi inesistenti - due interventi, il bilancio non memorabile di un anno a Strasburgo - in freezer non ci volevo più stare».
Il resto è un volo d’angelo.

Dalla candidatura di Rita Borsellino alla Regione Sicilia («per me è come la Madonna, ma scelgano gli elettori con le primarie»), «alla fase acuta di pandemia che ha portato la concentrazione di potere nelle mani di Berlusconi»; dalla legge sul conflitto di interessi («sarò il primo a scendere in piazza se la sinistra al governo non dovesse farla»), alla libera Chiesa in libero Stato «ma basta con i politici inginocchiati». Ce n’è anche per Maurizio Costanzo che «si è adeguato alla tv dei reality, una scelta pagante, ma non appagante». Una prece per TeleSogno.

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