Gli sbadigli di Prodi che fanno paura al Pd

Roma«Sbadigli», li definiscono quei bolognesi che lo conoscono e lo amano. Semplici afflati, sbuffi di parole per dimostrare innanzi tutto a se stesso di essere ancora vivo, spiegano. Senza la benché minima intenzione di tornare a far politica in qualche modo, assicurano. Tant’è che diserta ogni manifestazione e non s’è speso in appoggio elettorale nemmeno per il fratello o il suo candidato a sindaco. Parole senza peso e senza alcun calcolo insomma, voglia di ascoltarsi e di ritrovare echi visto che si vota per l’Europa, e lui si sente un po’ il padre dell’Ue del nuovo millennio, Bruxelles è la sua legion d’onore e la sua gloria maggiore, in Europa nessuno lo ha mai tradito, mica come a Roma e per ben due volte di fila. Sono innocenti «sbadigli» di un pensionato, quelli di Romano Prodi, tranquilli. Ma perché allora, i suoi epigoni nel Partito democratico ne sono così terrorizzati?
Non c’è niente da fare: anche quando sbadiglia, il prof di Bologna semina il panico, suscita timori e fosche previsioni, raggela e ammutolisce i colonnelli democrat. Non è soltanto coda di paglia o coscienza sporca: anche Prodi ormai ha definitivamente imparato che se tornasse in pista lo tradirebbero per la terza volta prima del canto del gallo, quindi un tal pericolo non c’è. Ma lo temono tutti - pure Dario Franceschini che lo cerca ogni tanto per un aiuto, forse un poco anche Arturo Parisi - come il risveglio di un vulcano, sono presi nei suoi confronti dalla sindrome di Kronos. Se il prof parla, loro trattengono il respiro. E di questi «sbadigli» prodiani, del loro effetto sui figli, la Iena sulla Stampa ha dato una foto fulminante: «L’appello di Prodi a votare Pd ha suscitato tra i leader del partito un sincero benché silenzioso entusiasmo».
Anche perché, ironia della sorte, gli appelli e gli «aiutini» che l’ex premier e padre fondatore del Pd offre più o meno spontaneamente, rischiano di rivelarsi un boomerang. Prendete ad esempio lo «sbadiglio» di ieri, mirato a rinfocolare la polemica sui voli di Stato. «Hanno cambiato la legge non so come, non so perché - ha detto Prodi - so però che i voli di Stato sono molto aumentati, nonostante questo governo sia più sottile del nostro». Sarà anche vero. E forse il prof ha già rimosso o forse lo ha fatto apposta, ma evocare il «nostro governo» tanto sobrio, fa tornare prepotente la memoria di quel volo di Stato dove erano saliti anche la moglie di Francesco Rutelli, il figlio di Renzo Lusetti e il figlio di Clemente Mastella. Con l’aggravante che in pasto all’opinione pubblica fu gettato soltanto quest’ultimo. Ricordate se Prodi stigmatizzò, o tirò le orecchie a qualcuno, per quell’allegro viaggio di Stato a godersi il Gran premio di Monza?
Ma quel che lascia stupiti è la selva di muti interrogativi, di dubbi e di pensieri che solleva addirittura un semplice invito rivolto da Prodi ai «cari amici e care amiche» che vanno sul suo sito, per invitarli al voto utile. Dicono che lo abbia discusso pure con la moglie Flavia, prima di affidarlo alla posta virtuale. Del resto risponde a verità, è da quando gli hanno fatto cadere il suo ultimo governo, nel 2008, che nel sito non parlava più di politica nazionale, solo al mondo e alle questioni internazionali si dedicava. Ma è pur vero che «qualcuno» ha provveduto a far rilanciare quel mini appello su un sito visitato ormai da pochi aficionados, su tutti i giornali nazionali. Sarà proprio questa «apertura», che allarma i colonnelli del Pd?
A dimostrazione che son soltanto «sbadigli», ci sarebbe il fatto che dopo l’appello, al comizio conclusivo per il lancio di Flavio Delbono a sindaco di Bologna - il suo allievo, il candidato che ha imposto al Pd prima di ritirarsi - sul palco non s’è visto.

C’era Dario Franceschini, c’era Walter Veltroni, c’era il fratello di Prodi candidato a Strasburgo, ma lui no. E i più cattivi dicono che Romano s’è speso poco o niente anche per l’amato Vittorio. Il quale rischia di non essere eletto.

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