Gli sberleffi di Ferrara al presidente Sarkozy: "Non va bene fare i bulli"

Il giornalista scatenato al "laugh in" anti Sarkozy del Foglio: "Avete 200 miliardi di titoli greci in cassaforte e fate ironia su di noi?"

Gli sberleffi di Ferrara  al presidente Sarkozy:  "Non va bene fare i bulli"

Roma Una risata li seppellirà, i francesi. La risata è quella di Giuliano Ferrara, il direttore del Foglio, che ieri a piazza Farnese, davanti all’ambasciata di Francia, ha manifestato con un «laugh-in» il disappunto suo e di molti italiani (sarebbe bello dire: tutti) per la sghignazzata sull’Italia del «bullo» Nicolas Sarkozy, presidente francese, con Angela Merkel, cancelliera tedesca, imbarazzata spalla. Va bene, le diplomazie di Berlino e Parigi hanno cercato di metterci una toppa. Ma che volete: il nostro rapporto con i cugini d’Oltralpe è fatto di dosi uguali di amore e odio, il primo spesso molto ben nascosto. E quindi la ferita brucia, inutile negarlo.

Così un Ferrara ilare e debordante arringa qualche centinaio di persone a bordo di un vecchio furgone scoperto, addobbato con bandiere francesi e con una doppia gigantografia: a sinistra Luis de Funès vestito da gendarme; a destra Sarkozy. Sinistramente simili nel goffo sorrisetto. Ferrara fa il signore della pioggia («avete visto? Il Foglio aveva promesso che non sarebbe piovuto e non ha piovuto»), balla sulle note di Douce France e di Que reste-t-il des nos amours, ride crassamente rivolgendosi alle finestre di quel gioiello che è Palazzo Farnese (dal quale non si affaccia nessuno, mai) e poi serio annota: «Una delle nostre caratteristiche è di aver trovato come casa dei Francesi un posto molto bello. L’architetto era piuttosto bravo. E loro, bisogna ammetterlo, lo sanno conservare molto bene».

Un Ferrara da fioretto e non da sciabola, perché «gli effetti del comico e della satira sono tali per cui le situazioni si rovesciano come un guanto». Quindi non una manifestazione di odio, ma un occhiolino strizzato, a dire: «L’avete fatta grossa, n’est-ce-pas?». «Nessun Paese guardato dal buco della serratura risulta inappuntabile», annota Ferrara, secondo cui «è una scanzonata manifestazione di mancanza di ironia ridere avendo in cassaforte 200 miliardi di titoli di stato greci. E 450 miliardi di titoli italiani. Ma noi i nostri debiti li paghiamo.

 

E poi il deficit italiano è largamente inferiore a quelle francese, e questo qualcosa vorrà pur dire. E abbiamo l’avanzo primario da primi della classe». Anche se poi la nostra economia è ancora troppo basata sul nero e sulle disuguaglianze sociali. Insomma, il catalogo degli italici pregi e difetti è questo. Prendere o lasciare. «Uno può augurarsi che l’Italia diventi ordinata come un marciapiedi di Salisburgo, ma poi dove andrebbero francesi e tedeschi in vacanza? Dove andrebbero a cercare la bellezza?».
Fin qui l’antropologia culturale. Poi l’attacco a Sarkozy. «Noi abbiamo ereditato il debito pubblico, lui la Cinquième Republique, che è un capolavoro istituzionale, un sistema politico che mette chi governa al riparo dagli umori della signora Marcegaglia o della signora Camusso. Perché sprecare queste virtù in un iperattivismo che sfocia nel bullismo?».

Ancora: «Ci avete buttato nel cesso la costituzione europea e ora fate i bulli sul podio di Bruxelles? Non sta bene...». Poi Ferrara se la prende con l’esterofilia a corrente alternata della nostra sinistra. Prende dalla tasca una copia di Le Monde, che definisce il corrispettivo francese di Repubblica, e legge: «“Il governo e i socialisti sono corresponsabili del credito della Francia”. E allora non sarebbe meglio se il principale partito di opposizione italiano ci facesse un pensierino? Loro dicono: Berlusconi se ne vada e poi si vede, questo in Francia non succederebbe. Propongono un governo Monti, ma sarebbe credibile? Diventiamo tutti rudi calvinisti che vanno in pensione a 90 anni? Non è possibile, non c’è una maggioranza parlamentare e nemmeno psicologica per questo.

E un governo Casini? E chi glieli dà i voti? Oppure Bersani-Vendola-Di Pietro, quelli che ridono con Sarkozy di Berlusconi? Si chiedano piuttosto quanto sono costate all’Italia in termini di sputtanamento le intercettazioni

della Boccassini?». Sul palco sale Daniela Santanchè per un saluto, si aspetta invano Antonio Martino, che arriverà a manifestazione conclusa, e si finisce ballando ancora sulle note di Douce France. Douce si fa per dire.

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