Alla Scala il «Cavaliere della rosa», l'omaggio di Strauss al genio di Mozart

Il compositore con questa opera, in scena dal 1° al 20 ottobre, volle onorare il grande musicista salisburghese. Per questo inserì la scena tratta dalle «Nozze di Figaro» del paggio Cherubino, mezzosoprano, vestito da donna. E anche Rosenkavalier l'adolescente Octavian, altra voce femminile, per non farsi scoprire deve travestirsi da cameriera

Narra la leggenda che mentre il 26 gennaio 1911, data della prima al Teatro Hofoper di Dresda, si avvicinava rapidamente, Richard Strauss e Hugo von Hofmannsthal, il librettista, stavano ancora animatamente discutendo sul titolo da dare alla loro opera. Fino a quando un dirigente del teatro, spazientito, non chiese loro in tono brusco «Ma insomma, che nome volete dare a questo, a questo... "cavaliere della rosa"?». E sembra che i due si siano guardati negli occhi per poi gridare insieme «Ecco il titolo!».
Così l'opera più leggiadra di Strauss (che inizia questa sera il suo percorso scaligero per concludersi il 20 ottobre dopo sette recite) quasi per caso avrebbe perso il titolo sul quale si era incaponito il compositore. Il musicista infatti aveva fin dall'inizio in mente «Ochs di Lerchenau» cioè il nome del «cattivo della storia»: «ochs» in tedesco suona infatti come «ochse», cioè bue. A sottolinearne dunque ancora più l'aspetto animalesco e ottuso. Nobile, ma spiantato e volgare, il barone mette gli occhi su Sophie, figlia del signore di Faninal, un ricco borghese di recentissima nobiltà che aspira a una ulteriore crescita sociale.
L'opera è del resto ambientata nel 1740 quando i matrimoni «misti» tra poveri aristocratici in cerca di quattrini e ricchi borghesi in cerca di titoli erano tutto sommato frequenti. Di Sophie si innamora però, e ricambiato, Octavian detto Quinquin, e sarà proprio il barone a farli incontrare. Usando una vecchia tradizione, Lerchenau, sapendo anche di non essere propriamente di bell'aspetto, chiede aiuto alla cugina affinché gli trovi qualcuno da inviare in casa Faninal con una rosa d'argento, simbolo della richiesta di matrimonio e la principessa gli suggerisce Octavian. La situazione ben presto precipita, Quinquin e Lerchenau si ritrovano l'uno contro l'altro armati, anche se quest'ultimo si fa forte dell'appoggio del Faninal. Scende però in campo la marescialla, che con un trucco sbeffeggia il «bue» e fa sposare i due giovani.
Un magnifico «happy end» in stile mozartiano, visto che esplicitamente sia Strauss che Hofmannsthal volevano rifarsi al grande compositore viennese e al clima dell'Austria di metà secolo. E per meglio sottolinearlo, i due inseriscono una esplicita citazione dalle «Nozze di Figaro». Quinquin è un paggio come Cheribino, e dunque nella tradizione operistica è un ruolo assegnato a una donna. Alla fine del primo atto delle «Nozze» Cherubino, entra nella stanza della contessa d'Almaviva dove trova Susanna. Qui la cameriera lo veste da donna per cercare di prendere in trappola il conte e «rovesciargli tutte le macchine», vale a dire il suo progetto di sedurla. Dando vita quindi a una curiosa situazione in cui una donna interpreta un giovane che deve travestirsi da ragazza. Stessa identica situazione all'inizio del «Cavaliere». Quinquin è in dolce compagnia nella camera da letto della marescialla, così chiamata perché sposata a un importante maresciallo austriaco. Irrompe a palazzo il cugino della principessa appunto il barone Ochs di Lerchenau. Per evitare di essere sorpresa con il suo giovane e tenero amante la marescialla, non potendolo fare uscire inosservato, deve ricorrere a uno stratagemma: vestirlo da donna e farlo passare per una sua servetta.
Strauss e Hofmannsthal vanno un po' oltre in questo gioco di specchi ambigui. Il «bue» Lerchenau è talmente ottuso, tronfio pieno di se da non riconoscere un adolescente in quegli abiti femminili e così d'inerzia, perché ne è abituato, inizia a corteggiare la camerierina. Che nei suoi rozzi progetti dovrà cedergli, anche se lui è piuttosto avanti negli anni, per un meschino diritto feudale.

Cioè lo stesso che Almaviva nelle «Nozze» abolisce ufficialmente per poi cercare di mettere in pratica nella realtà. E la resistenza di Quinquin alle avances del barone è quanto di più mozartiano si possa trovare nelle produzioni di Strauss.

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