Scarcerati quattro fiancheggiatori Br: così fanno festa anche i centri sociali

Quattro fiancheggiatori delle nuove Brigate Rosse, condannati in primo grado, tornano in libertà in attesa del processo d’appello, e vengono accolti con una grande festa dal loro centro sociale che ne annuncia il ritorno «ancora più forti e determinati nel continuare a lottare per il comunismo». Ma la decisione della magistratura suscita le ire del vicesindaco Riccaro De Corato, che accusa i giudici di avere inviato «un pessimo segnale di resa dello Stato».
A disporre la liberazione dei quattro è stata la Corte d’assise d’appello che a partire dal prossimo 15 aprile celebrerà il processo di secondo grado. Il provvedimento riguarda Amarilli Caprio, Alfredo Mazzamauro, Federico Salotto e Davide Rotondi: tutti militanti della sinistra antagonista, secondo le indagini non facevano parte organicamente delle nuove Br, tanto che erano stati ammessi quasi subito agli arresti domiciliari ed erano stati condannati a pene relativamente lievi (tre anni e mezzo a testa). Ma durante il processo si erano ben guardati dal prendere le distanze dal gruppo dei «duri» capitanato da Alfredo Davanzo.
«Ci è difficile descrivere la gioia proletaria di riabbracciare i nostri compagni dopo tre anni di carcere, arresti domiciliari e continue vessazioni», dice il comunicato del centro sociale Gramigna.

Mentre il vicesindaco De Corato sostiene che la decisione dei giudici «riesuma la linea morbida della mano aperta, anziché del pugno chiuso» nei confronti della nuova eversione, «che oltre a rialzare la testa in un pulviscolo di sigle, con la benedizione dei centri sociali, rischia di coagularsi con gruppi del fondamentalismo islamico».

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