SCIVOLONI TOTALITARI

Fausto Bertinotti ha una strana concezione del dialogo. Esclude coloro con cui egli non è d'accordo. All'ambasciatore israeliano Ehud Gol che, nella sua intervista di ieri al Giornale, ha polemizzato con la candidatura nelle liste di Rifondazione dell'esponente palestinese Alì Rashid, non ha risposto con argomenti, magari altrettanti polemici. No, ha detto che è «inaccettabile», che è «una rottura istituzionale». Porta in Parlamento una persona che ha rappresentato l'Olp e che in un'intervista, sempre al Giornale, ha usato parole durissime verso Ariel Sharon, internazionalizza il suo messaggio agli elettori, ma s'inalbera se questa sua scelta ha un seguito e se un diplomatico esprime un duro giudizio, dopo che bandiere del suo Paese sono state bruciate in una pubblica piazza nel corso di una manifestazione organizzata da un partito che aspira a governare insieme a Rifondazione. Difende «la vocazione al dialogo», ma la dimentica subito se si tratta di Israele. Vale naturalmente per Hamas, che ha vinto le elezioni e che ha posto a tutti il problema del rapporto con un'organizzazione terroristica diventata governo. Però, quando si tratta di misurarsi in contraddittorio con il rappresentante di una delle grandi democrazie mediterranee, grida allo strappo.
Finora Bertinotti, tra i leader della sinistra, era riuscito a contraddistinguersi per bon ton e per disponibilità al confronto. Nello stesso giorno è riuscito a smentirsi non solo su Ehud Gol, ma anche su Marcello Pera, il cui manifesto in difesa dei valori rappresentati dall'Occidente è stato definito «da crociato» e «istituzionalmente intollerabile», in un crescendo polemico concluso con l'invocazione di un intervento di Ciampi. Ha deciso che con Gol e Pera non si dialoga, che i loro non sono argomenti politici o culturali. Tutto ciò è singolare, visto che in questi anni Bertinotti ha spesso usato verso il terrorismo internazionale parole durissime. E allora perché non tollerare la critica alla candidatura di Rashid, legato ad un'organizzazione, l'Olp, che con il terrorismo avrà pure avuto qualcosa a che fare? Non c'era stato l'approdo al pacifismo? E non è paradossale considerare eversivo un documento che chiede l'impegno a difendere i valori cristiani, civili e politici dell'Europa? La verità è che parte della cultura della sinistra ha un dogma, il dialogo con tutti, tranne che con quelli che hanno visioni diverse, in primis con Bush, Blair, Berlusconi e ora con Gol e Pera.
Possono essere tante le ragioni di questo scivolone totalitario di Bertinotti. Forse teme la concorrenza elettorale del partito di Diliberto che ha cercato di giovarsi - con il corteo romano dei giorni scorsi, quello delle bandiere bruciate e degli slogan su Nassirya - dell'esclusione dalla liste di Rifondazione di Ferrando. Forse, proprio dopo aver dato un colpo alla sua opposizione interna, il leader del Prc ha scommesso su un riequilibrio sollevando un polverone ed eleggendo a bersaglio l'ambasciatore di Israele e il presidente del Senato, colpevoli di porsi il problema dei valori da difendere dall'attacco jihadista.
Di sicuro però c'è che a questo punto la distanza tra le varie componenti dell'Unione appare abissale.

Lo si può ben dire se Francesco Rutelli ha visto a Gerusalemme la difesa di quegli stessi valori e di quella stessa politica, che Bertinotti prende di petto con un linguaggio senza sfumature e vedendo spinte eversive dove c'è solo la difesa di una storia di progresso, di tolleranza e di libertà.

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