Se in Comune si dividono sulle "quote transessuali"

IL CASO Nomine nella partecipate. Pdl e Pd d’accordo sui posti da riservare alle donne, Radicali contrari: non ci sono i transgender. Ma a ragionare per generi non si finisce più

Se in Comune si dividono sulle "quote transessuali"

Dall’azzurro al rosa. O vice­versa. Se il colore dei maschi è, convenzionalmente, l’azzurro - a partire dal fiocco sulla culla da neonato - e per le femmine il rosa, qual è il colore con cui pos­siamo indicare i transessuali?

Forse, appunto, quello che «vira», come si dice in gergo tecnico, dall’azzurro al rosa o viceversa. La questione è tutt’altro che irrilevante o capziosa, giacché inaspettatamente viene posta da una iniziativa con cui l'ex sindaco Letizia Moratti ha messo a segno un bel colpo: quote rosa, appunto, del 50% nei consigli d’amministrazione di enti e società partecipate dal Comune. La proposta è passata anche con il sostegno del Pd, e non poteva essere diversamente. Voto contrario - sorprendente ma non troppo - quello del radicale Marco Cappato: e i transessuali allora, in che quota li mettiamo i transessuali?, chiede, serio, l’esponente della Lista Bonino. Risposta: nella quota che vira dall’azzurro al rosa o viceversa. Pura provocazione, quella di Cappato? Oppure quel solito riflesso condizionato dei Radicali che li porta a distinguersi sempre, comunque e a prescindere, sacrificando il buon senso sull’altare della diversità? Vedremo.
Una cosa, intanto, si può dire: da quella presunta «provocazione» emerge con chiarezza un limite del principio stesso di riconoscimento delle diversità e dei diritti dei diversi. E cioè che, se ci mettiamo su quella strada. Al numero delle diversità possibili non c’è limite. Insomma, quanti sono i diversi? Ricordo di aver sentito tempo fa l’onorevole Vladimir Luxuria, quando era ancora parlamentare, elencare i diversi «generi» in cui può essere suddivisa l’umanità: maschio, femmina, omosessuale, lesbica, transgender, operato o non operato e via distinguendo. D'altra parte, come riporta proprio il sito della simpatica Vladimir, in marzo il tribunale di Roma, ha stabilito che non è necessario aspettare l’operazione perché l’anagrafe certifichi il cambiamento di sesso. Basteranno una parrucca e una gonna?
Probabilmente quella di Cappato era proprio una provocazione, in quanto esponente della Lista Bonino. È noto, infatti, che Emma, femminista storica che per il suo femminismo abortista nel 1974 è perfino finita in carcere, è sempre stata contraria al principio delle quote rosa, perché le considera ghetti, recinti, riserve indiane che finiscono per costituire un alibi alla mancata rimozione di quegli ostacoli sociali, economici e culturali che ritardano l'accesso delle donne a certe professioni e alle posizioni di potere. Chi la pensa come la Moratti, invece, è convinto che da qualche parte bisogna pur cominciare; che intanto bisogna rompere quelle barriere con atti di forza: imponendo le quote rosa, appunto. Diatriba antica, contrasto fra due posizioni in buona fede che non possiamo risolvere qui. Sono perciò convinto che il voto di Cappato non fosse a favore dei transessuali, delle quote che dall’azzurro virano a rosa e viceversa, ma una provocazione. Un modo per motivare la posizione contraria alle quote rosa. In omaggio alla posizione della sua leader Emma Bonino che dà il nome alla lista nella quale è stato eletto.

Ottenendo però anche un esito collaterale che forse non aveva previsto: e cioè che se ci mettiamo sulla strada della elencazione delle diversità da riconoscere e a cui riconoscere dei diritti, non ne veniano più fuori. Mettendo perciò in discussione il concetto stesso di diversità. Tanto caro ai radicali.

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