Ruggero Guarini
Suppongo che in questi ultimi giorni il signor Bahram Ghasemi, ambasciatore in Italia della Repubblica Islamica dell'Iran, sia stato completamente assorbito dal dovere di onorare, con festeggiamenti adeguati all'importanza storica dell'evento, il primo anniversario dell'ascesa di Mahmoud Ahmadinejad alla guida del suo Paese, avvenuta il 3 agosto dell'anno scorso. Un interessante dettaglio riguardante l'arredo della sua residenza romana mi induce però a temere che egli, fra le varie cerimonie con cui ha doverosamente celebrato la citata ricorrenza, abbia potuto rivolgere anche una preghiera a Gesù.
Mi riferisco all'antico tappeto persiano di lana e seta che, come ho appreso da alcuni suoi amici, è esposto su una parete del suo studio. Questo tappeto proviene da Tabriz, il capoluogo dell'Arzebaijan iraniano, che è anche una delle città persiane in cui il cristianesimo, fin dai suoi albori, grazie a unantica comunità armena, poté affermarsi vigorosamente, tanto che ancora oggi, nonostante le persecuzioni del regime instaurato dalla rivoluzione komeinista, può vantare un notevole numero di chiese. E dev'essere proprio per questo che quel tappeto, uscito dalle mani di antichi artigiani cristiani di quella città, non evoca una scena della vita di Maometto ma una scena della vita di Gesù. Il suo soggetto è infatti l'Ultima Cena, con Gesù raffigurato al centro, fra gli apostoli, nell'atto di offrir loro quel pane e quel vino con cui, alla vigilia del suo sacrificio, fondò il rito eucaristico. Ma ecco la preghierina che temo che l'ambasciatore Ghasemi, durante le cerimonie in onore del suo presidente, abbia sussurrato in segreto contemplando il suo bel tappeto cristiano: «Caro signor Gesù, tu sai che da un anno ho l'onore di servire, come suo ambasciatore a Roma, un Presidente che un giorno sì e l'altro pure, in preda a un sublime entusiasmo religioso (che agli stupidi infedeli, fra i quali purtroppo figurano anche i tuoi attuali supposti seguaci, sembra un infame delirio politico), ripete sempre la stessa esaltante invettiva: ossia che lo Stato di Israele, che noi preferiamo chiamare l'entità sionista e che, fra l'altro, è la tua terra natale, nonché la patria dei tuoi discendenti, dovrà essere annientata. Giacché la sua stessa esistenza è una minaccia per tutto il mondo islamico. Certo sai anche, caro Gesù, che questo mio soave presidente, forse per dimostrare che è anche un maestro della metafora, ama dipingere Israele come un tumore piantato dagli occidentali nel cuore dellIslam. O come un albero rinsecchito e marcio che deve essere annientato da una tempesta. Mentre per mostrare il suo genio di storico suole definire l'Olocausto una leggenda inventata dagli occidentali. Ragion per cui, se qualche Paese islamico, sotto la pressione del Satana americano, oserà riconoscere il regime sionista, dovrà bruciare anch'esso nelle fiamme della rabbia musulmana. Probabilmente sai anche che egli ha dimostrato che i sionisti sono della stessa pasta di quell'Adolf Hitler dal quale essi sostengono, mentendo, di essere stati massacrati.
Ci perdoni l'ambasciatore Bashemi se da un particolare irrilevante come il suo tappeto cristiano ci siamo lasciati incoraggiare a immaginarlo nell'atto di sussurrare questa preghierina.
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