È sempre attuale lo «Spirito allegro» di Coward

Giovanni Antonucci

Noel Coward fu per quarant'anni il maestro di un teatro umoristico che la critica impegnata liquidò come commerciale. Oggi egli appare invece come l'erede novecentesco di Oscar Wilde per la qualità dei suoi dialoghi, che l'autorevole George Steiner ha paragonato a quelli di Congreve e di Marivaux, ma anche per averci dato un'immagine della realtà diversa da quella che volevano imporre le ideologie. Contro i guasti del totalitarismo, contro la sua esaltazione dell'uomo «collettivo», Coward rivendica il diritto alla libertà dell'esistenza, all'autonomia, alla responsabilità dell'individuo e perfino alla frivolezza, che è comunque una componente della natura umana. Ma questa sua concezione liberale è tutta calata nel gioco del teatro. Egli si sente un uomo di spettacolo completo, autore, attore, regista, che aspira al sorriso e agli applausi del pubblico. Lo dimostra in una delle sue più felici commedie, Spirito allegro, in scena al Teatro Vittoria di Roma e in tournée, dove un marito è alle prese con una moglie in carne e ossa, con il fantasma della moglie defunta e con una medium a dir poco maldestra. A settant'anni di distanza, è una pièce che tiene il passo con i suoi paradossi e le sue folgoranti battute, degne di Oscar Wilde.

Il regista Attilio Corsini, nelle eleganti scene di Uberto Bertacca, ha colto la leggerezza di Coward grazie a Giancarlo Zanetti, protagonista fine e misurato, Viviana Toniolo, gustosa medium, Annalisa Favetti, adorabile fantasma e Maria Rosaria Omaggio, moglie gelosa.

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