Il Senatùr fa il partigiano: "Resistiamo"

Bossi giura: "Mai esecutivi tecnici, non tradiamo il Cav e il mandato degli elettori. Ma se si vota, la Lega stravince". I lumbard sicuri: "Quelli che partecipano al terzo polo rischiano di farsi male". Ormai è sfida federalisti-centralisti

Il Senatùr fa il partigiano: "Resistiamo"

Roma - Male che vada, cioè se si andrà a elezioni anticipate, per la Lega sarà un quasi sicuro trionfo elettorale. C’è una parte del Carroccio che, segretamente, ci spera. Per il momento, tuttavia, la linea è quella indicata prima da Bossi e poi dal capogruppo Reguzzoni nel suo intervento (interrotto dalle risse nell’ala destra) alla Camera: bando alle chiacchiere su governi tecnici e pastrocchi di Palazzo, il governo va avanti perché sarebbe «grave tradire il mandato elettorale e la legittimazione dei cittadini», e per quanto riguarda la Lega, «non lo farà mai».

Contemporaneamente al voto contrario del Carroccio sulla sfiducia a Caliendo, a dimostrazione quasi cronologica che l’asse col Pdl è funzionale al programma leghista, in Consiglio dei ministri passa quello che Calderoli definisce «il più importante decreto legislativo sul federalismo fiscale», ovvero il testo che riguarda l’autonomia impositiva dei Comuni. Un ulteriore passo avanti per la riforma che rappresenta il core business elettorale della Lega, e insieme anche la ragione più solida della continuità per l’asse Berlusconi-Bossi. Il segretario federale, e con lui la Lega tutta, è infatti convinto che il federalismo si farà con Berlusconi (e Tremonti), oppure non si farà. Le sirene di Bersani e di parte del Pd trovano poco terreno su cui attecchire in Padania. Anche perché, malgrado la contabilità parlamentare dopo la scissione dei finiani e i tavoli aperti al centro, possa indubbiamente comportare delle difficoltà per il Pdl-Lega, il divorzio col «partito del Sud» (come molti nella Lega chiamano la Fli di Fini) presenta anche dei vantaggi per la Lega nord.

Il principale ostacolo al federalismo, negli ultimi tempi, non era più l’opposizione ma Fini, anche perché da presidente della Camera gode di una posizione di potere e di possibile intralcio. Nella maggioranza dei parlamentari della Lega l’insofferenza verso Bocchino, Granata e gli altri finiani era arrivata ad un punto di non ritorno. La Lega ha ben chiaro che il movimento di Fini, composto in grande percentuale da eletti al Sud, e rivolta ad un bacino elettorale di centro-Sud, punta a diventare l’anti-Lega (come in parte anche l’Udc di Casini, altra formazione fortemente indigesta per il Carroccio). Il loro congedo forzato dal Pdl è stato dunque accolto come una vittoria e una liberazione dai leghisti.

Adesso la Lega ha davanti a sé due strade: o si prosegue con Berlusconi, o si va a votare. «No a esecutivi tecnici, siamo con Berlusconi - dice Bossi -. Maggioranze diverse non vanno bene, il terzo polo non ha futuro e rischia di fare male a chi vi partecipa». Il voto su Caliendo è «il segnale che resistiamo, non si va al voto ora». Ma se dovesse succedere, «la Lega stravince, non temiamo le elezioni». Che la linea sia questa è anche l’opinione di un leghista che non ha avuto problemi a criticare il governo, quando si è trattato di opporsi ai tagli della manovra: «Non ci sono alternative, se questa maggioranza fosse impossibilitata a proseguire bisogna tornare al voto e vedere cosa ne pensano gli italiani - spiega Attilio Fontana, sindaco di Varese, presidente di Anci Lombardia e molto stimato dai vertici della Lega -. Questi vecchi gattopardi che pensano si debba tenere in piedi il centralismo, la burocrazia e l’assistenzialismo sono fuori dalla storia. Se davvero ci fossero le elezioni sarebbero le elezioni dell’aut-aut: l’Italia del futuro contro l’impero romano, destinato ad essere spazzato via dai barbari».

In effetti i sondaggi riservati che girano nel partito danno il Carroccio in continua crescita, lieve ma continua, rispetto ad una percentuale di riferimento (quella delle ultime regionali) già altissima.

Senza contare che il partito di Bossi sta penetrando anche in regioni prima considerate inespugnabili, come l’Emilia Romagna, l’Umbria, le Marche, la Toscana, scendendo addirittura al Sud e a Roma dove cominciano a spuntare le prime richieste per aprire delle sedi leghiste. Se dunque la situazione precipitasse, la Lega si preparerebbe ad un successo elettorale. Ma è probabile che lo sarebbe, pensano i vertici leghisti, per l’intero asse Lega-Berlusconi.

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