Ecco chi ha detto (davvero) le battute che hanno fatto la storia del cinema

Finalmente un libro che rende giustizia ai grandi doppiatori italiani da Oscar. Raccontando le loro storie e facendo sentire le loro voci

Ecco chi ha detto (davvero) le battute che hanno fatto la storia del cinema

«Francamente, cara, me ne infischio». Lo sanno tutti che è stato Clark Gable a congedarsi così da una sbigottita Vivien Leigh in Via col vento. Ma quella celebre frase che abbiamo sentito tante volte, chi l'ha pronunciata nella versione italiana? Mica facile la risposta, perfino per gli addetti ai lavori. Uno, due, tre, tempo scaduto. Ebbene, è stato il livornese Emilio Cigoli, classe 1909, trentenne dunque in quel lontano 1939. Cigoli, un nome un mito. In quarant'anni di attività ha fatto più di settemila doppiaggi, dando la voce ai più popolari divi di Hollywood, dal Gregory Peck di Vacanze romane al Gary Cooper di Mezzogiorno di fuoco, dall'Humprey Bogart di Sabrina al Marlon Brando di Fronte del porto. E chi se lo ricordava? Nessuno, questo è certo. Nessuno, all'infuori di tre appassionati, Massimo M. Veronese, Maurizio Pittiglio e Simonetta Caminiti, che hanno raccolto con ammirevole cura e rara pazienza le 101 frasi più famose del cinema, e fin qui passi, ma anche raccontando la storia dei doppiatori che le hanno pronunciate (Guarda il video).

Monumentale il materiale raccolto in un libro spiritosamente intitolato Senti chi parla (Anniversary Books editore, 20 euro), che sarà presentato dagli autori il 2 settembre alla Mostra del Cinema di Venezia. Non basta: oltre a fotografie, pagine di giornali d'epoca, aneddoti e curiosità a pioggia, il libro è pure parlante, tanto per restare in tema. Con un codice QR inserito in ogni pagina, si potranno ascoltare, attraverso lo smartphone, le frasi celebri.

Già che ci siamo, diamo un'occhiata a qualcuna delle mille chicche. I cinefili sanno che il primo film sonoro italiano è La canzone dell'amore, proiettato il 7 ottobre 1930 al Supercinema di Roma. Ben più difficile ricordare che il primo film doppiato interamente in italiano è Tu che mi accusi, diretto nello stesso anno da Victor Fleming, guarda caso il regista di Via col vento. Emilio Cigoli lo ritroviamo come maglia rosa in una particolarissima classifica, scovata dal nostro infaticabile trio, ovvero quella dei doppiatori che hanno vinto l'Oscar, ovviamente per interposta persona. Per la cronaca, Cigoli con 8 statuette precede Giuseppe Rinaldi (5) e il terzetto composto da Ferruccio Amendola, Pino Locchi e Francesco Pannofino (3). Occhio però: il primatista maschile è soverchiato dalla collega Lydia Simoneschi, che ha doppiato la bellezza di 11 attrici da Oscar. Seguono, staccatissime, Maria Pia Di Meo (5) e Anna Miserocchi (3).

Più di un lettore avrà drizzato le antenne davanti a tanti nomi illustri, purtroppo drammaticamente sconosciuti al folto pubblico degli incivili avvezzo a lasciare la sala prima dei titoli di coda, dove viene reso finalmente noto l'abbinamento tra attori e doppiatori. Pessima abitudine cui, per dare immediato spazi agli spot, non si sottraggono le nostre tv (Sky e Premium escluse), leste a tagliare qualsiasi scritta osi seguire l'ultima immagine del film.

Questa poi chi l'avrebbe sospettata. Il venerabile Carlo Croccolo rivela (intervista a La Stampa del gennaio 1981): «Ero molto amico di Totò... Lui si accorse che avevamo lo stesso timbro di voce... Negli ultimi dieci anni della sua vita non ci vedeva più. Poteva continuare a recitare, ma quando si trattava di doppiare se stesso non riusciva a ottenere la sincronia. Così fui chiamato io, che modificando leggermente il mio naturale timbro potevo benissimo passare per Totò... Nessuno se ne accorse».

Stop alle spigolature e sotto con le frasi e relativi portavoce italiani. È Pino Locchi a esclamare «Il mio nome è Bond, James Bond» (Agente 007 licenza di uccidere, 1962), indimenticabile biglietto da visita di un semisconosciuto Sean Connery. «La vita è uguale a una scatola di cioccolatini: non sai mai quello che ti capita»: la più conosciuta sentenza di Forrest Gump (1994), passa senza traumi dalle labbra di Tom Hanks a quelle di Francesco Pannofino. Nel '91 era stato invece Dario Penne a tradurre il diabolico sibilo di Anthony Hopkins in Il silenzio degli innocenti: «Sto per avere un vecchio amico per cena stasera». A Silvia Pipitoni toccò di fingere lo stesso trasporto di Meg Ryan nell'irresistibile scena dell'orgasmo alla tavola calda (Harry ti presento Sally, 1989) con tanto di sospiri e guaiti: «Oh, Dio, oooh Dio, aaaah, ooooh, che meraviglia, oh sì, sì, sì». Molti anni prima, nel 1934, era stato Paolo Stoppa a echeggiare Clark Gable nella commedia pluri-Oscar di Frank Capra Accadde una notte: «Ma io non posso morire, ho un appuntamento».

«Dopotutto domani è un altro giorno» lo mormora l'ostinata Vivien Leigh, chiudendo in gramaglie Via col vento, ma è Lydia Simoneschi a far sgorgare la lacrimuccia al pubblico italiano. La somiglianza fisica conta poco, altrimenti non potrebbe essere credibile Enrico Maria Salerno nei panni, invisibili, di Clint Eastwood in Il buono, il brutto, il cattivo (1966): «Vedi, il mondo si divide in due categorie: chi ha la pistola carica e chi scava. Tu scavi». La figlia d'arte Cristiana Lionello, sapientemente imbeccata da papà Oreste, si immedesima nella licenziosa Sharon Stone (Basic Instinct, 1992): «Sai che non porto le mutandine. Non è così, Nick?». E Giuseppe Rinaldi, per molti il numero uno dei nostri doppiatori, nel '72 fa sua la frase cult del Padrino Brando: «Gli farò un'offerta che non può rifiutare».

«Signora Robinson, lei sta tentando di sedurmi!» è il goffo ripiegamento del Laureato Dustin Hoffman di fronte alle esplicite proposte della mantide Anne Bancroft; un'inutile autodifesa che nelle nostre sale fu Gino La Monica a far risuonare giusto mezzo secolo fa. E qui, tutto sommato, ci si può fermare. Se no il libro chi lo compra più?

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