
da Los Angeles
Harrison Ford in Air Force One, Bill Pullman in Independence Day, Martin Scheen nella serie The West Wing. Sono tanti i fittizi presidenti degli Stati Uniti che nel tempo hanno dovuto salvare l'America e il mondo da una qualche catastrofe, invasione aliena o attacco terroristico. Oggi è il turno di Robert De Niro, che in Zero Day, serie tv di otto puntate ora su Netflix, interpreta l'ex presidente George Mullen, ritiratosi dalla vita politica dopo la morte del figlio. «Un brav'uomo, con buone intenzioni, cerca di fare le cose nella maniera migliore, non sempre ci riesce perché è un essere umano, e dunque fallibile», dice Robert De Niro del suo personaggio.
Mullen dovrà tornare al comando dopo un cyber-attacco terroristico che causerà danni e vittime e dovrà vedersela con i mali del tempo: populisti senza scrupoli, un cinico mondo della finanza che cerca di manipolarlo, membri del congresso corrotti, ma anche una figlia troppo idealista (interpretata da Lizzy Kaplan) e una canzone dei Sex Pistols che risuona continuamente nella sua testa, segno - teme Mullen - di una possibile demenza senile.
«Nessun riferimento alle ultime fasi della presidenza Biden - dice lo showrunner Eric Newman, lo stesso delle serie Narcos e Griselda - il copione della serie è nato nel 2022, ben prima dell'ultima campagna elettorale americana».
I temi di attualità trattati nella serie sono per la verità altri, sottolineano autore e protagonista, prima di tutto quello della nuova relazione dell'opinione pubblica con la verità e i fatti concreti. «Ora non c'è più una sola verità, ce ne sono due o più di due - dice Newman - ma se la verità non è più una sola, se non è più oggettiva, allora che cos'è? Sono domande che si fanno in molti oggi. Per me la nostra incapacità di individuare la verità fattuale e singola è molto più terrorizzante di qualsiasi disastro possa capitare ad una nazione». De Niro, è anche produttore esecutivo del progetto. «Quasi una carica onorifica - si schernisce -. Il mio contributo alla serie sarebbe stato lo stesso anche se non mi avessero elencato fra i produttori, però, è vero, è un progetto a cui credo molto perché tocca temi attuali e importanti».
Da sempre feroce critico della Presidenza Trump, De Niro sottolinea che nella sua interpretazione non ci sono riferimenti a inquilini reali della Casa Bianca. George Mullen, dice, «è un uomo solo. Qualcuno mi ha detto che un presidente, alla fine del suo mandato si ritrova come in una sorta di vuoto. Tutto si ferma. Cosa fare dopo? Scrivere le memorie? Ho l'impressione che il presidente che interpreto si sia fatto queste domande, almeno prima di dover affrontare la crisi che raccontiamo».
È la prima volta che Robert De Niro si presta al mondo dello streaming seriale, superando così, quasi per ultimo, un tabù che ha riguardato molti attori della sua generazione, un po' snob nei confronti del piccolo schermo. Secondo De Niro però questa serie somiglia molto ai thriller classici degli anni Settanta: Il Maratoneta, Perché un assassino, I tre giorni del condor. «Allora il cinema era un riflesso di quello che stava succedendo nella politica - dice Eric Newman -. Quello che era impensabile sino a prima che scoppiasse lo scandalo Watergate alla fine era successo. La politica, il governo americano avevano potuto, e possono fare, cose davvero terribili. Magari lo hanno sempre fatto ma allora ci si rese conto, per la prima volta, che era davvero così». Oggi, spiegano autore e attore, le cose non sono cambiate e «questa circostanza ha contribuito a farmi decidere - dice De Niro -. Però non è stato facile. Fare una serie tv è come fare tre film insieme. Mi sono sentito come un nuotatore che ha deciso di attraversare la Manica. Ad un certo punto non vedi più la costa francese ma non vedi ancora quella inglese ed allora puoi solo nuotare, altrimenti anneghi».
Ad alleviargli il compito è stato il fatto di essere a casa. La serie è girata quasi tutta nella sua città, New York. «È una storia newyorkese, ma anche un racconto della politica di Washington. Soprattutto è una storia che racconta l'America». Lo ha fatto anche per The Alto Knights, dramma su due prominenti figure mafiose della New York del secolo scorso, Vito Genovese e Frank Costello che arriverà a marzo al cinema.
«Non avrei mai pensato di tornare sul set di un altro film sulla mafia - dice De Niro - ma questo progetto è molto interessante anche perché mi è stato chiesto di interpretare entrambe le figure mafiose, così ho detto di sì».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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