Quei Briganti come eroi western. Cosa ci ha convinto (e cosa no) della serie NetflixQuei Briganti come eroi Western. Cosa ci ha convinto (e cosa no) della serie Netflix

La recensione in anteprima di Briganti, la nuova serie italiana Netflix, ambientata nel periodo immediatamente successivo all'Unità di Italia

Quei Briganti come eroi western. Cosa ci ha convinto (e cosa no) della serie NetflixQuei Briganti come eroi Western. Cosa ci ha convinto (e cosa no) della serie Netflix
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Debutta il 23 aprile su Netflix Briganti, la serie scritta dal collettivo GRAMS* e composta da sei episodi che porta il pubblico indietro nel tempo, in un'Italia appena riunificata che però deve pagare le conseguenze delle imprese compiute da Giuseppe Garibaldi. La serie è ambientata nel 1862 e segue da vicino le vicissitudini di Filomena (Michela De Rossi), una donna dalle origini contadine che, pur avendo cambiato in meglio il proprio destino, è comunque ingabbiata in un matrimonio violento, abusivo e umiliante. In un sud che patisce la fame e che, nei gradini più bassi della società, si ciba della rabbia per le promesse non mantenute dallo Stato, Filomena si impossessa di una mappa che dovrebbe indicare il punto in cui è nascosto il fantomatico oro delle Camicie Rosse. La sua fuga, però, non la porta lontano. La donna quasi inciampa in una delle tante bande di briganti che popolano i boschi intorno al suo villaggio. Catturata da Monaco (Orlando Cinque), Filomena finisce anche per essere il bersaglio di un misterioso cacciatore di taglie (Marlon Joubert).

Quando i briganti diventano eroi western

La prima cosa che salta all'occhio guardando Briganti è la sua volontà di essere un prodotto ancorato alla tradizione italiana che però mantiene anche un respiro e un'ambizione decisamente internazionali. La serie è diretta da Steve Saint Leger, che i più conoscono per essere stato anche il regista di una serie di culto come Vikings, in cui la Storia si metteva al servizio di una certa romanticizzazione degli eventi che si trova anche nella serie italiana che sta per debuttare. Da questo punto di vista Briganti non è una serie adatta a chi vuole l'accuratezza storica o la fotografia precisa di quegli anni immediatamente successivi all'Unità d'Italia. Non è una serie che vuole riflettere sulla questione meridionale, né sulla veridicità o meno di una certa narrativa secondo la quale il sud è stato depredato dallo Stato e dai "terribili piemontesi", che nella serie tv rappresentano il vero nemico da abbattere.

Briganti è una serie scritta e prodotta per intrattenere un pubblico che ha dimostrato ormai da tempo di apprezzare i prodotti in costume fatti di violenza e dove la separazione tra il Bene e il Male non è mai netta. Al contrario - come dimostrano anche i successi di serie come Narcos, Gomorra o Suburra - il concetto di bene è molto labile, per cui spesso vengono riconosciuti come ''eroi'' personaggi che sono intinti nel sangue delle vittime a cui hanno strappato la vita. Briganti non fa differenza: la serie Netflix non è interessata a raccontare la brutalità del brigantaggio post-unitario che riguardò i territori appartenuti ai Borboni, ma costruisce una diegesi dove un gruppo più o meno vasto di persone si ribella allo status quo e combatte per le proprie terre, che reputa bersagli di saccheggi, menzogne e brutalità. I briganti che appaiono nel corso di questi sei episodi sono in realtà personaggi molto positivi, eroi drammatici, voci del popolo scontento.

Moderni Robin Hood, per voler fare un'estrema semplificazione, che vogliono prendere ai ricchi per ri-distribuire ai poveri. Uomini e donne che portano cicatrici sulla pelle come se fossero medaglie al valore, che cantano alla luce dei falò "non è per l'oro, ma per la libertà". La romanticizzazione di una figura cardine della storia italica della seconda metà dell'Ottocento è uno strumento che viene utilizzato per creare una storia avvolgente, che tanto deve alla tradizione del western - soprattutto lo spaghetti western di Sergio Leone -, da cui eredita anche un'estetica molto codificata, come i volti tagliati e resi spigolosi dalle fiamme, i connotati nascosti da cappelli a tesa larga o anche solo l'utilizzo delle donne come merce di scambio.

Il risultato è un prodotto che intrattiene, che è molto ben recitato e che ha quell'ambizione a voler scavalcare i confini nazionali per rimettere l'Italia sulla mappa delle produzioni che contano. Una novità Netflix da non perdere.

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