Off-shore, l’errore fatale che ha tradito Tulliani

Il pasticio caraibico. Bastava un trust perché il sistema di società riuscisse a nascondere il nome del vero acquirente

Errore da matita rossa. La costruzione societaria pensata per mascherare il vero proprietario dell’appartamento di Montecarlo, come si è visto, non è stata ben pensata. L’architettura societaria si è sgretolata causando problemi sia a chi l’ha realizzata, sia al probabile finale beneficiario.
È comprensibile che a Saint Lucia la questione delle due società Printemps e Timara abbia creato scompiglio: gli Stati che basano parte delle proprie entrate sulla «confidenzialità», sul «non esistere», non possono continuamente apparire sulle prime pagine dei quotidiani, e per di più in una vicenda che coinvolge Giancarlo Tulliani, il cognato del presidente della Camera. E probabilmente questo è il motivo per cui l’apparato di Saint Lucia dovrà espellere (rendendolo noto attraverso canali altrettanto confidenziali) il bubbone Printemps-Timara. La questione ha già sufficientemente alterato i pacifici equilibri del piccolo stato caraibico «paradiso fiscale». La questione Printemps-Timara ha già creato danni economici: troppi investigatori, troppi giornalisti che cercano di sapere. L’attenzione per chi vive di discrezionalità è deleteria. A ciò bisogna aggiungere l’errore di fondo: la leggerezza di chi ha pensato (e probabilmente realizzato) la semplice e banale costruzione societaria.
Il fine dell’intreccio societario è semplice: mascherare la vera proprietà di un appartamento (non importa l’origine del bene) che si trova nel Principato di Monaco. Certamente sarebbe stato più sicuro, in primo luogo costituire un trust in uno Stato che non vanta accordi bilaterali (reciprocità dello scambio d’informazioni) con l’Italia, ad esempio il Delaware, una striscia di costa non distante da Washington. Non tutti sanno che il piccolo Stato gode di uno status particolare, paragonabile a quello dei cosiddetti paradisi fiscali. Può sembrare bizzarro, ma fino a qualche anno fa anche la società Autostrade, quando era controllata dall’Iri, aveva un ufficio nel Delaware, il motivo non è stato mai reso noto. Ma anche Bahamas, Bermuda e Libera, la lista è stata pubblicata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.
L’indubbio vantaggio del trust è la compartimentazione tra chi lo gestisce (trustee) e il beneficiario, soggetti legati solamente da un patto di fiducia. Nessuna trascrizione, nessuna pubblicità del vincolo fiduciario: una scatola impenetrabile. Nel nostro caso se le due società Printemps e Timara fossero state inserite in un trust (che di regola deve essere costituito in uno Stato «paradiso fiscale» differente da quello in cui hanno sede le società) non si sarebbe riusciti a risalire al beneficiario. Se proprio vi sono forti pressioni si potrebbe arrivare a sapere chi è il gestore (spesso un legale), ma non certamente il beneficiario. Quindi, la «costruzione ideale» sarebbe stata: intestare l’immobile ad una società con sede in un «paradiso fiscale» non tanto noto, quindi inserire le società all’interno del trust. I passaggi sembrano geograficamente complicati: vi sono studi specializzati che, aiutati dalla tecnologia informatica, nel giro di un paio di giorni e con una spesa contenuta sono in grado di soddisfare tali esigenze di non visibilità. È un argomento tabù, ma in Italia l’uso dei trust off-shore è largamente utilizzato, non solo, come si è soliti pensare, per mascherare traffici di malaffare, ma anche per motivi di cuore o d’eredità. C’è chi l’utilizza per intestare l’appartamento all’amante.

Ed è anche per ciò che a Saint Lucia sono fortemente indispettiti: se proprio era necessario mascherare il vero proprietario di un piccolo appartamento a Montecarlo sapendo che per motivi parentali la cosa poteva creare scompiglio e sgradita attenzione, bisognava realizzare una costruzione societaria più sicura.

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