Si ritira Campana, ora chi difenderà i miliardari?

Il calciatore-avvocato-sindacalista abbandona la sua creatura dopo 42 anni. Grosso o Tommasi i successori

Si ritira Campana, ora chi difenderà i miliardari?

Fidel Castro è rimasto in carica 49 anni, la Regina Elisabetta II arriverà a quota 58 il 2 giugno, Sergio Campana lascerà la presidenza dell’Associazione Italiana Calciatori lunedì 9 maggio dopo 42 anni, 10 mesi e 6 giorni. Un ciclo da Guinness dei primati, e non solo in campo sportivo. Negli archivi si fatica a trovare un ente o una istituzione che abbiano avuto appena un leader dal giorno della fondazione. Era il 3 luglio 1968 quando l’avvocato Campana, uno dei pochi calciatori laureati, fondò il sindacato con il compianto Bulgarelli, Rivera, Mazzola, Losi, Mupo, De Sisti, Castano, Corelli, Sereni e Rizzolini. Che lui fosse il capo, non è mai stato messo in discussione, né dai presunti delfini all’interno dell’Aic, né dai dirimpettai con i quali s’è confrontato in tanti anni di onorata attività. E’ riuscito a farsi ascoltare da un sistema allergico al sindacato. Ed è riuscito a mediare le istanze di una ricchissima oligarchia con le esigenze dei tantissimi giocatori in cronica attesa di stipendi ballerini. Dirò di più. In punta di piedi ha usato i grandi per difendere i deboli. E i primi non hanno avuto nulla da ridire sul ruolo loro affidato, alla Robin Hood. Almeno fino allo scorso autunno quando la minaccia di uno sciopero prenatalizio ha portato alla fondazione (?) di un sindacato alternativo riservato ai pochi eletti della massima serie.
In quel periodo Campana, condizionato da chi voleva portare a oltranza la sfida ai poteri forti della Lega di A, ha tirato troppo la corda rendendosi antipatico non solo alle istituzioni, ma anche al grande pubblico. Il calcio che sciopera è un controsenso. Ma è stato anche e soprattutto un controsenso contestare la riduzione delle squadre professionistiche e poi ritrovarsi a tutelare posti di lavoro indifendibili. E’ su questo punto che il sindacato, legato a posizioni ormai anacronistiche, ha fallito il proprio compito. Mai come questa volta i falchi ci hanno capito poco o niente.
«Al momento della mia ultima elezione avevo dichiarato di accettare l'incarico a condizione che mi fosse riconosciuta la funzione di traghettatore. Ora ritengo che sia maturata democraticamente la soluzione, e quindi concluso il mio mandato», ha scritto Campana nella lettera aperta pubblicata sul sito dell’Aic. In un passo successivo ha rivendicato le «conquiste storiche e i diritti mai prima riconosciuti». Quali? In una ideale passerella sfilano lo status giuridico di lavoratore, l'accordo collettivo, l'abolizione del vincolo, la previdenza, le assicurazioni sociali, l'indennità di fine carriera e la libertà a fine contratto. Mettiamoci anche la presenza nel governo del pallone grazie alla legge Melandri con una percentuale (15%) di poco inferiore a quella dei presidenti di A e B, al momento ferma al 17%. Non è poco. A 76 anni, Sergio Campana, ha deciso di lasciare la presidenza. Ma prima di certificare l’addio vuol sottoscrivere l’ultima sua conquista, il rinnovo del contratto collettivo dei calciatori con la difesa di antichi diritti, ma anche la novità dei contratti flessibili.
E ora per chi suona la Campana? Al suo posto Leo Grosso, il capitano dei falchi, vicepresidente dell’Aic da 31 anni, presidente del sindacato internazionale, oppure Damiano Tommasi, l’ex calciatore della Roma che ha messo a frutto la sua vasta esperienza all’estero e piace ai colleghi delle serie minori. Fuori dai giochi Demetrio Albertini, vicepresidente federale nonché responsabile del Club Italia, almeno fino al rinnovo delle cariche. Poi si vedrà.

Da più parti si parla di lui come di una alternativa ad Abete. Ma per arrivare così in alto bisogna andare d’accordo con tanti, a cominciare da Carlo Tavecchio, il grande capo dei Dilettanti. Di Platini ce n’è uno solo.

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