La Signora nel dramma «Sentenza inaudita ma speriamo ancora»

Il presidente bianconero Cobolli Gigli: «Sono furibondo, impossibile risalire subito. Adesso molti giocatori avranno problemi a rimanere». Moggi: «Mi spiace per le squadre coinvolte e i loro tifosi»

Alessandro Parini

da Torino

Franzo Grande Stevens, presidente della Juventus fino a pochi mesi fa, quasi se lo sentiva: «Mi aspetto una serie B con fortissima penalizzazione, tale per cui sarà difficile tornare subito nella massima categoria». La sentenza di ieri sera ha dato pienamente ragione a colui il quale diventerà presto presidente onorario della Signora: 30 punti di penalizzazione nella cadetteria, se confermati in secondo grado, renderanno impossibile la risalita immediata tra i grandi e, anzi, paventano lo spettro di un campionato al cui termine potrebbe anche arrivare la retrocessione in C.
Giovanni Cobolli Gigli, attuale numero uno della società bianconera, fatica a mantenere la calma: «Quello che è successo è assolutamente inaudito. Ci difenderemo in tutti i modi, in appello e anche oltre. Aspettavamo una sentenza equilibrata, questa non lo è nel modo più assoluto: è solo il chiaro segnale di una volontà di colpire una società con eccessiva durezza. Ci saremmo augurati che la nostra posizione beneficiasse di una sorta di par condicio rispetto alle altre società: non è successo e a questo punto la mia fiducia nella giustizia sportiva comincia a vacillare. Come dimostrato ampiamente dai fatti, gli episodi sotto osservazione della giustizia sportiva per la Juventus sono assolutamente comparabili a quelli contestati alle altre squadre: con la differenza però che nel nostro caso si tratta di due sole partite. Impugneremo la sentenza davanti al consiglio federale». Ne ha per tutti, Cobolli Gigli: «Se qualcuno mi definisce emozionato, sbaglia di grosso. Sono semplicemente molto innervosito e irritato (in realtà, appena fuori dalla sede, userà poi un'espressione molto più colorita, ndr): continuo a ritenere pessimo quanto emerso dalle intercettazioni, ma ribadisco che non esiste lo straccio di una prova che sia stato commesso un illecito». Cobolli Gigli trova anche il tempo di parlare di calcio: «Molti giocatori, alcuni dei quali hanno appena vinto il titolo mondiale, avranno problemi a rimanere con noi a queste condizioni. Saranno liberi di andarsene, se lo vorranno davvero, ma sia chiaro che non li svenderemo. Chi li vorrà, dovrà pagarli al prezzo di mercato, in Italia come all'estero: se il Real Madrid di Capello - che ci ha lasciato non appena ne ha avuto la possibilità - vuole i nostri campioni, li dovrà pagare. E alla squadra che si radunerà domani (oggi, ndr), chiederò soltanto di provare ad arrivare il più in alto possibile». La Juve, insomma, fa ancora la voce grossa. Non si arrende e, con le spalle al muro, gonfia il petto e avverte i potenziali sciacalli. Condivisibile in tutto e per tutto, questa volta.
Per il resto, registrato il parere di Luciano Moggi - «Non sono rammaricato per me, ma per le squadre coinvolte e i loro tifosi. Ribadisco comunque che nessuna gara è stata truccata e nessun arbitro ha subito condizionamenti. Tutti i risultati conquistati sul campo dalla Juve sono stati regolari» -, ecco quello dell'avvocato Luigi Chiappero, difensore di Giraudo: «È una sentenza che non fa bene a nessuno, ci aspettavamo di meglio. L'illecito di sistema è un errore tecnico. Quest'anno per la Juventus è pulito: i tifosi non capiranno la revoca dello scudetto 2005-2006». Davanti alla sede della Juventus, peraltro, l'attesa durante la giornata era più dei giornalisti che non degli stessi tifosi: quando Ruperto ha letto la sentenza in quel di Roma, non erano infatti più di un centinaio gli innamorati del bianconero. La Torino bianconera insomma, soprattutto quella del tifo organizzato, non si è scaldata più di tanto nell'aspettare il verdetto della giustizia sportiva: corso Galileo Ferraris non è stato quindi preso d'assalto da migliaia di persone, anche se alla comunicazione della sentenza gli animi si sono scaldati e sono partiti cori non proprio gentili nei confronti dell'intero sistema calcio, di Berlusconi e dei giornalisti. Davanti al numero civico 32, troneggiava piuttosto uno striscione: «Adesso vediamo chi ama questa maglia» con l'ovvio riferimento a chi, tra i vari big, potrebbe decidere di abbandonare la barca. Non Del Piero che, appena tornato dal Mondiale, ha subito fatto sapere che lui da Torino non si sarebbe mosso.
Sorpreso della durezza della sentenza, tra i tanti, anche Franco Causio, bandiera della Juventus degli anni Settanta: «Non me l'aspettavo, mi sembra che ci sia stato un accanimento particolare. La retrocessione poteva starci, magari con 15 punti di penalizzazione che magari si sarebbero ridotti in appello: trenta punti invece mi sembrano troppi. Così si finisce con il punire soprattutto i tifosi».
«Le disgrazie altrui non mi fanno piacere». Urbano Cairo, il presidente del Torino neopromosso in serie A, reagisce così alla sentenza. «È troppo presto per fare qualunque commento - aggiunge il patron granata - voglio prima leggere le motivazioni del verdetto. L'unico mio pensiero va al calcio, che ora deve ripartire...».
«Era una sentenza molto attesa, ma la penalizzazione a due cifre mi sembra un po’ fuori dall'ordinario. Probabilmente perché tiene conto che c'è ancora un percorso giudiziario non ancora terminato»: è il commento del sindaco di Torino, Sergio Chiamparino. «La società e i tifosi - ha aggiunto il sindaco - hanno già dimostrato di aver capito che era necessario dare un segnale di rinnovamento.

Ora devono muoversi in questa prospettiva, con la sobrietà che ha contraddistinto la storia della società. Noi saremo al loro fianco - ha concluso - affinché la Juventus torni ad essere presto la vecchia signora del calcio italiano».

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