Sindacati, ministri, enti locali e Ulivo: premier accerchiato sulla Finanziaria

Cgil e Cisl mettono già i primi veti, nell’esecutivo proteste per i tagli ai dicasteri. E Franceschini avverte: «Non voteremo testi blindati»

da Roma

Superati, con molti patemi ma senza gravi danni, gli scogli parlamentari più rischiosi (Afghanistan, indulto, manovrina Bersani-Visco che attende l’ultima fiducia dalla Camera), a Romano Prodi tocca ora immergersi nella partita della legge Finanziaria. Ossia in quello che, secondo molti, sarà il vero banco di prova per la tenuta della maggioranza di centrosinistra.
Il percorso di guerra è appena iniziato, e gli avvertimenti si moltiplicano da ogni lato: Fini e Berlusconi preconizzano che il Professore non supererà l’ostacolo della manovra autunnale, ma è ovvio che è l’opinione interessata dei capi dell’opposizione. Solo che simili fosche previsioni arrivano anche da sinistra: c’è il segretario della Cgil Guglielmo Epifani secondo il quale «Prodi rischia di cadere sulla Finanziaria», c’è il ministro di Rifondazione Paolo Ferrero che avverte che «il rischio vero per il governo sta nella Finanziaria» e prefigura un autunno caldo di scioperi. Meno pessimista il ministro del Lavoro Damiano, secondo il quale «certo la Finanziaria è un banco di prova, e i margini di iniziativa sono ristretti. Ma confido nella concertazione».
Però poi c’è il capo della Cisl, Raffaele Bonanni, che già boccia la manovra da 35 miliardi preannunciata dal ministro Padoa-Schioppa: «Il Paese non è in grado di reggerla», e propone di dividerla in due tranche ottenendo un nuovo rinvio del rientro dal deficit all’Unione europea, perchè i parametri Ue «non sono un dogma».
Ci sono i ministri (dal vicepremier Rutelli al Guardasigilli Mastella al titolare dell’Università Mussi) che protestano contro i tagli alle spese dei dicasteri; le associazioni di categoria escluse dalla «cabina di regia» delle parti sociali sul piede di guerra; Regioni ed Enti locali, in gran parte di centrosinistra, che si oppongono alla scure che lo Stato minaccia di usare sui loro bilanci; la Cgil che non vuol sentir parlare di toccare l’età della pensione.
C’è il governatore di Bankitalia Mario Draghi che invece tenta di spalleggiare il «rigorista» Padoa-Schioppa e spiega che senza un innalzamento «significativo» dell’età pensionabile, un secco stop alla spesa sanitaria e per il pubblico impiego, gli obiettivi di risanamento saranno solo «velleitari», e al tempo stesso avvisa che la pressione fiscale va «gradualmente ridotta» e non aumentata.
E poi c’è anche il Parlamento, che attende al varco la manovra del governo e pretende di avere un ruolo. In questo senso erano molto chiare ieri le parole del capogruppo dell’Ulivo Dario Franceschini. La maggioranza, avverte il presidente del più nutrito gruppo dell’Unione, «non si può trovare di fronte a un testo già fatto, preparato all’interno del governo e non discusso». Dunque Prodi e Padoa-Schioppa evitino «gli effetti sorpresa».
Franceschini dice di non credere che la Finanziaria «sia il luogo in cui il governo può cadere».

A patto però che ci sia «un largo coinvolgimento del Parlamento» nella sua preparazione, altrimenti «il percorso parlamentare» si può inceppare. E annuncia: «Lo chiederò direttamente a Prodi». Il premier, insomma, non può pensare di varare la sua manovra a colpi di fiducia, chiudendo le porte a possibili «larghi coinvolgimenti» a livello parlamentare.

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