Un sindaco solo arancione che sembra Don Abbondio

Un sindaco solo arancione che sembra Don Abbondio

Qualcuno, per favore, spieghi a Giuliano Pisapia che è il sindaco di tutti i milanesi e non solo dei suoi elettori, tanto meno solo dei suoi fans e meno ancora solo di quella minoranza di feroci odiatori radical-chic con la bava alla bocca, scalmanati in cachemire della curva nord politica che domenica al teatro Dal Verme hanno fischiato e coperto di insulti il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni. Il quale - è giusto dargliene atto - ha avuto la capacità e il merito di mantenere la calma per arrivare a concludere il suo intervento. Era un evento organizzato dal Comune di Milano per presentare il progetto di rilancio della Darsena e dei Navigli in vista di Expo. Un bell'evento - grazie soprattutto alla regia della brava Ruth Shammah - per un bel progetto. Ma di tutto questo, dei Navigli, della Darsena, di Expo e delle sue «vie d'acqua», ai biliosi guardiani della rivoluzione arancione non importava assolutamente nulla: «Siamo venuti qui per sentire Pisapia, che vuole quello lì?» sbraitava una elegante signora che di certo non frequenta il Leoncavallo. «Quello lì», naturalmente, era Formigoni. E Pisapia? Da padrone di casa aveva il dovere - anche istituzionale in quanto sindaco - di intervenire per chiedere, anzi per imporre che si lasciasse parlare il presidente della Regione, che si mettesse fine a quella sguaiata manifestazione di becera intolleranza. E invece, niente, silenzio: Pisapia se ne è stato zitto nel suo angolino, e alla fine ha salutato ed è andato via: un comportamento scandalosamente scorretto e anche un po' vile. A farsi sentire, mostrando di essere l'unica ad avere gli attributi è stata, come al solito, una donna, la coraggiosa e intelligente Shammah. Solo in serata, con un comunicato che non faceva alcun riferimento diretto al fatto e senza condannare, anzi ignorando l'aggressione a Formigoni, Pisapia si è fatto vivo. Quando si dice che la toppa è peggio del buco...
Un caso isolato? Un'eccezione? Niente affatto: un'abitudine, una scelta politica. Esattamente allo stesso modo, infatti, il sindaco si è comportato un paio di mesi fa, il 12 dicembre, quando i soliti guastatori di professione hanno violentemente contestato il presidente della Provincia Guido Podestà alla cerimonia di commemorazione della strage di piazza Fontana. Anche in quel caso il sindaco tacque, si guardò bene dal condannare l'aggressione e anzi rispose in malo modo ai giornalisti che gli chiedevano cosa ne pensasse. Ripeto: una scelta politica.
Intendiamoci, non c'è da meravigliarsene, questa è la concezione della democrazia che ha una certa sinistra: noi siamo dalla parte giusta, dalla parte del bene, loro dalla parte sbagliata, sono il male e quindi non hanno diritto di parlare. È così che la pensa anche Pisapia? Se non la pensa così, allora farà bene a dimostrarcelo con maggiore chiarezza, prendendo con determinazione le distanze da queste ormai troppo frequenti manifestazioni di intolleranza dei suoi pasdaran. Non meno scandalo, d'altra parte, fa l'elegante indifferenza con cui i soliti giornaloni supporter e grandi elettori di Pisapia, come pure il Tg regionale della Rai hanno riferito l'accaduto.

La scusa è la solita ipocrisia dell'equidistanza: e invece fra agressori e aggrediti, bisogna scegliere. Anche a costo di dispiacere al sindaco Pisapia. Il quale chissà se la prossima volta troverà il coraggio di intervenire. Ma, come fa dire il Manzoni a don Abbondio «uno il coraggio se non lo ha non se lo può dare».

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