La sinistra molla Sala. E parte la corsa

Poco appoggio sulle inchieste, il centrodestra sta già cercando il suo candidato

La sinistra molla Sala. E parte la corsa
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La pugnalata al sindaco Giuseppe Sala del Verde Angelo Bonelli («Il centrosinistra non voti alcun Ordine del giorno a sostegno della legge Salva Milano») e la giocata del leader della Lega Matteo Salvini che assicura di avere in mano «un poker» di candidati sindaco, ha messo vertiginosamente in moto la ruota della roulette. Alimentando la convinzione che le prossime urne si potrebbero aprire ben prima dei due anni e oltre previsti dalla scadenza naturale. Perché non è un mistero la preoccupazione di Sala per le inchieste sull'urbanistica che a Milano si stanno moltiplicando peggio dei funghi e la sua crescente irritazione verso un Pd che, invece di sostenerlo, lo abbandona al suo (triste) destino. Contemporaneamente, in un centrodestra fin dall'inizio disposto a correre in aiuto di chi sta vedendo andare in fumo una casa già pagata e alle imprese edilizie vicine all'orlo del baratro, cresce il partito di chi è disposto a votare un Salva Milano, ma non un Salva Sala. Con i colonnelli del centrodestra sempre più decisi ad assicurare una mano e un voto in parlamento, ma nel momento in cui perfino parte del Pd si sta sfilando, solo in cambio della testa del sindaco. Il quale, nei momenti di sconforto, a qualcuno ha già confidato che, se non fosse per l'Olimpiade, avrebbe già abbandonato Palazzo Marino. Lasciando nei guai la segretaria del Pd Elly Schlein. E quindi non diventa più così remota l'ipotesi di un taglio del nastro e della tentazione di abbandonare all'indomani della la cerimonia di chiusura dei Giochi in agenda il 22 febbraio del 2026 all'Arena di Verona.

Si spiegherebbero così le accelerazioni, prima di Ignazio La Russa e ora di Salvini. Ben consapevoli che il rebus Milano si intreccia con l'apertura di Giorgia Meloni al terzo mandato per i presidenti di Regione. Perché, in questo caso, la Lega si riprenderebbe il Veneto con il doge Luca Zaia e quindi la Lombardia toccherebbe ai Fratelli d'Italia. Che, da candidare, hanno già pronto il presidente di Coldiretti Ettore Prandini. Anche se, avendone la possibilità, il ritorno a Palazzo Lombardia piacerebbe molto ad Attilio Fontana. Con Prandini in Regione, i portoni del Comune si potrebbero aprire a un candidato vicino alle Lega o a Forza Italia, anche perché l'ipotesi di un larussiano tramonterà dirottando un papabile come Giovanni Bozzetti alla presidenza di Fondazione Fiera che a breve dovrà scegliere il successore di Enrico Pazzali.

A convincere tutti a rinunciare alle bandierine, potrebbe essere un candidato civico. Soluzione che molti auspicano e che al momento vede una certa convergenza sull'ex rettore del Politecnico Ferruccio Resta. Personaggio di grande spessore, con un'invidiabile rete di relazioni, molto benvoluto dagli studenti e dalle loro famiglie, ma soprattutto con una lucida visione urbanistica della città che gli consentirebbe di affrontare la sfida decisiva per la Milano dei prossimi lustri. L'uomo giusto per affrontare un pupillo della Schlein come Pierfrancesco Majorino, ma soprattutto un altro civico come Mario Calabresi, il figlio del commissario ucciso dai terroristi rossi e oggi in testa alla lista dei papabili.

Tornando al centrodestra, pronta a schierarsi ai blocchi di partenza è sicuramente anche Regina De Albertis. Giovane, preparata, prima presidente donna di Assimpredil Ance, l'associazione dei costruttori, ha un'immagine nuova e spendibile. E oggi, con il ciclone scatenato dalla Procura di Milano contro i progetti urbanistici, avrebbe la competenza necessaria per affrontare la tormenta.

Da affrontare il suo conflitto di interessi, ma la soluzione non è difficile da trovare, come già si ipotizzò per il suo indimenticato papà Claudio De Albertis. E, da non trascurare, Letizia Moratti che sarebbe felice di lasciare il suo euroseggio a Bruxelles per tornare a Palazzo Marino.

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