Il sipario s’alza sull’altra metà del cielo

Donne. Ora temerarie, impietose, mascoline, eroiche. Ora fragili, infelici, frustrate, incomprese. Da questa sera, arriva sui palcoscenici romani una nutrita schiera di personaggi femminili in bilico tra passato e presente ma assai prodighi di forti emozioni. Figure celebri, figure anonime: comunque chiamate a raccontare la vita, la Storia, il mito, il quotidiano attraverso lo sguardo multiforme di sensibilità molto diverse tra loro. Quello, per esempio, dell’ironia comprensiva e accogliente con cui Cristina Comencini (autrice e regista) fotografa l’evoluzione dei costumi e della famiglia italiani dagli anni ’60 ad oggi in Due partite, testo di qualche anno fa che, dopo il successo raccolto nelle stagioni scorse, torna alla Sala Umberto con un cast rinnovato. Nei duplici ruoli di madri/figlie che, a distanza di decenni, si passano il testimone dell’essere donna in una staffetta di relazioni affettive e amicali giocata principalmente sul terreno della maternità, troviamo adesso Chiara Noschese, Stefania Felicioli, Susanna Marcomeni e Sara Bertelà, subentrate a Margherita Buy, Isabella Ferrari, Valeria Melillo e Marina Massironi.
Se la vede invece col solenne repertorio della drammaturgia romantica tedesca la regia che Andrea De Rosa (di recente applaudito al Valle per Molly Sweeney) dedica alla Maria Stuart di Schiller, costruendola sulla decisa personalità di due ottime attrici quali Anna Bonaiuto e Frédérique Loliée e ripensandola come affresco bellico carico di rimandi all’attualità. Opera tra le più fortunate e rappresentate dell’autore di Stoccarda, la tragedia schilleriana (da domani all’Argentina) porta infatti in scena il confronto/scontro tra Maria Stuart (cattolica) e la cugina Elisabetta I Tudor (protestante). Una sanguinaria pagina di Storia europea sempre riproponibile. Medesima portata simbolica mostra pure un testo ostico e irriverente come L’amore di Fedra di Sarah Kane, rivisitazione contemporanea dello straziante mito classico che Walter Pagliaro rilegge per Micaela Esdra in un allestimento previsto al Ghione da oggi. Ancora di donne ci parla poi Capasciacqua, pièce lieve e agrodolce scritta da Luciano Saltarelli e Marina Confalone (questa anche regista e interprete accanto a Pino Strabioli) dove la svampita Palmira, aspirante attrice terribilmente stupida, diventa l’emblema di quel «vuoto di pensiero» che ormai ci assedia senza più sgomentarci (alla Cometa).

E al femminile si declina anche l’ultimo spettacolo firmato da Adriana Martino, La donna mancina: viaggio nella stregoneria che, tra ironia, musica e marcata volontà «riabilitativa», trova in Gloria Sapio, Paola Sambo, Maurizio Repetto e Marco Casazza i suoi vitali interpreti (da oggi al Belli).

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