«E chi ti dice che sarà una passeggiata contro lArgentina?» dice il portiere dalbergo di Te Anau, la casalinga di Rotorua e anche il tassista di Auckland. Qui dove il rugby si mangia a pranzo, cena e colazione, la febbre da mondiale si è trasforma in una vera e propria sindrome da sconfitta. La causa è il serio infortunio capitato a Dan Carter in allenamento. Forte danno muscolare agli adduttori per la stella del torneo, fuori dai giochi per almeno 12 settimane. Mondiale finito per lui e notizia che fa piombare tutto un Paese in unautentica crisi di nervi. A complicare le cose anche le parole di Graham Henry che non lancia segnali rassicuranti. «Una tragedia» lha definita lallenatore degli All Blacks che su Carter e sul capitano Richie McCaw (acciaccato anche lui) puntava per riportare in patria quella Coppa che la squadra numero uno del ranking mondiale non vince dal 1987.
Qui se gli All Blacks non vincono può cadere anche il governo. Basti pensare che nel gabinetto di John Key cè addirittura un ministro per la coppa del mondo e che lex capitano Sean Fitzpatrick ha oggi una delega governativa per la migliore riuscita della kermesse ovale. Rugby e politica, dunque, insieme per vincere, tra laltro alla vigilia delle elezioni. Ma se allimprovviso viene a mancare il migliore, ecco che i piani cominciano a scricchiolare e le certezze si trasformano in dubbi. Dubbi di tutta una Nazione. In Nuova Zelanda di rugby si parla anche durante lora di religione e fa paura il match contro lArgentina del capitano coraggioso Felipe Contepomi (oggi alle 9.30 ora italiana, mentre alle 7 a Wellington sincontrano Australia e Sudafrica). In realtà non ci sarebbe partita: solo un pareggio per i Pumas contro gli All Blacks nei 17 incontri fin qui disputati. Ma appunto siamo in un mondiale e le delusioni per la squadra più forte del mondo arrivano proprio quando si tratta di giocare la coppa intitolata a William Webb Ellis. È ancora fresco il ricordo della sconfitta di quattro anni fa nei quarti di finale a Cardiff contro la Francia. E resta memorabile lironia senza sconti dellaustraliano George Gregan che dopo aver sbattuto gli uomini in nero fuori dalla finale del 2003 li salutò dicendo che avrebbero dovuto attendere «ancora quattro anni» prima di alzare la coppa. Dietro tutto questo, cè la crisi di nervi di un Paese che nel mondiale ha scommesso tutto: senza Carter gli All Blacks non sono più imbattibili e la loro attesa marcia trionfale potrebbe trasformarsi in una complicata corsa ad ostacoli.
Del resto, in questo mondiale non mancano le sorprese: come la Francia che batte lInghilterra, contro ogni pronostico della vigilia manda a casa gli avversari e si qualifica per le semifinali.
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