Sui muri di Trigoria ieri trionfava un benvenuto invitante: «Spalletti juventino, Rosella vattene subito». E per colonna sonora la voce rock and roll di un urlante tifoso: «Spalletti dicci la verità...». Già, ci vorrebbe un po’ di verità. Ma Spalletti ha stroncato subito l’idea: «Che verità ti devo dire?...». Una, nessuna e centomila. Così sono, se vi pare, le verità della Roma e della sua corte. Una più di tutte: Spalletti vorrebbe cambiare aria, la Sensi vorrebbe che la cambiasse. Tutti e due hanno nella testa quel c’eravamo tanto amati, che ora non regge più. E così per i tifosi, che non amano la Sensi e sono disposti a sopportare il tecnico, benchè sia chiara la fine di un ciclo.
Tirando i conti, ci sarebbe da domandarsi per qual motivo il pelatone più malmostoso del calcio nostro dovrebbe avere buona stampa e buone offerte. Fa giocare bene le squadre, dicono i sostenitori. Ha vinto poco (coppe Italia e supercoppa) e niente, suggerisce chi bada soprattutto al sodo. Sa mantenere la pace apparente di spogliatoio, insinua chi conosce il dietro le quinte romanista: ci vuol bravura e pazienza a sopportare Totti e le bizze da re di Roma. Spalletti ha avuto minor capacità nell’accettare Cassano e qualcun altro. Fra i meriti va aggiunto quello di gestire squadre che non gli piacciono. Soprattutto non apprezza che la Roma si rivolga sempre agli stessi procuratori, con gli inconvenienti del caso: non avrebbe voluto Baptista, Cicinho e Loria, ma li ha sopportati. Che poi la Roma di quest’anno abbia sbarellato, pur avendo una squadra da scudetto, è particolare non indifferente. E come dimenticare il brutto inizio di campionato? Dovuto alla incapacità di aver occhio lungo su un modulo non più affidabile. Spalletti ci ha messo un po’ per rivedere i concetti. Insomma la buona stampa val più dei risultati reali.
Ed allora ecco rincorrersi le voci che vogliono il tecnico via da Roma e magari diretto a Torino. Allenatore ideale per giocar bene. Ma alla Juve serve vincere. Spalletti guadagna tre milioni e 600 mila euro lordi, molto più di Ranieri. Troppo per le casse juventine. Per l’ambizione che è tanta, il portafoglio potrebbe adattarsi al sacrificio. Ma fra i difetti (o pregi) c’è quello di non saper rinunciare al danaro.
Eppure il nostro è stufo di restare alla Roma. Anche se, per cambiare idea, basterebbe poco: che la Sensi mollasse alla cordata svizzero-tedesca. Vinicio Fioranelli, agente Fifa legato alla vicenda, dice: «È fatta». Subito smentito dalla società. E Spalletti attende con ansia. Tutto il «resto-non resto» ruota intorno al cambio di padrone. Con la Sensi il rapporto si è rotto dopo il viaggio estivo a Parigi, per incontrare Abramovich. Qualcosa ha scricchiolato anche prima. L’affaire Chelsea, quella figura non proprio da conquistatore del calcio inglese, è stata la porta sbattuta in faccia a orgoglio e credibilità. Gli amici consigliarono di prendere un anno sabbatico. Non ascoltò. Qualche mese fa un uomo di fiducia sondò la Juve: per vederne l’effetto. Ora se ne può riparlare. I bookmakers quotano a 2,85 lo scambio di panchine con Ranieri: dunque probabile.
Spalletti e la Juve sono nella stessa condizione: devono ripartire, ricostruire, vincere. L’allenatore è un uomo amareggiato, forse deluso. Il comunicato di Rosella Sensi, dopo Fiorentina-Roma, è stato il colpo basso: messe in dubbio anche le qualità tecniche. Certo, i danari per la Juve sono un bel problema. In Italia quasi nessuno può tener botta a quelle cifre.
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