A spasso tra le tombe per ricostruire la storia della capitale: dal mausoleo di Augusto alla sepoltura-scandalo di De Pedis

«Quello che siete, fummo. Quello che siamo, sarete». È con questo messaggio, inciso su una lapide, che si apre il percorso tra le tombe del Verano. Non un’accoglienza macabra ma la testimonianza dello stretto rapporto esistente a Roma tra vivi e morti. Nella città eterna nulla sembra scomparire. Tantomeno il passato, presente nelle architetture ma anche con la memoria di quanti hanno contribuito, ognuno a suo modo, a fare la storia della città.
Per avere un saggio della vita della capitale nei secoli, per paradosso, basta cercarne le sepolture, tra cimiteri e chiese. Senza dimenticare le più evidenti come Mausoleo di Augusto e Piramide Cestia, la prima da segnalare è di Eurisace, fornaio, a Porta Maggiore. Realizzata nel I secolo a.C., è decorata con elementi tipici di un forno. Del II secolo a.C. la «sedia del diavolo», sepolcro di Elio Callistio, nella piazza a lui intitolata. Leggenda vuole che Satana abbia costruito qui il suo trono opposto alla sede pontificia. Se il Pantheon è sepolcro dei pittori con, tra le altre, le tombe di Raffaello e Annibale Carracci, San Giovanni dei Fiorentini è quello degli architetti, con Carlo Maderno e Francesco Borromini. La famiglia Bernini, con Gian Lorenzo, riposa a Santa Maria Maggiore. Celebri i monumenti funebri realizzati da Canova per Clemente XIV alla Basilica di Santi Apostoli e per gli Stuart e Clemente XIII a San Pietro. È di Michelangelo la statua su quello di Giulio II a San Pietro in Vincoli. Impossibile dimenticare la sepoltura-scandalo di Enrico De Pedis, boss della banda della Magliana, a Sant’Apollinare. Non solo chiese. Molte le tombe note al cimitero del Verano. Nel quadriportico, quella di Vittorio Gassman. Lungo il viale d’ingresso, Ettore Petrolini. Vicino ai colombari, Trilussa. E ancora Marcello Mastroianni, Alberto Sordi, Nino Manfredi, Amedeo Nazzari, Alida Valli, Sergio Corbucci, Roberto Rossellini, Vittorio De Sica, oltre a Rosalia Montmasson, unica donna a prendere parte alla spedizione dei mille, la famiglia Garibaldi, Goffredo Mameli e Pietro Cossa. Vicino al monumento di Bruno Buozzi riposa Raffaella La Crociera, scomparsa a quattordici anni. La sua storia commosse l’Italia: poetessa fin dall’età di sei anni, a dodici le fu diagnosticato un male incurabile. Appreso della raccolta di fondi lanciata nel ’54 dalla Rai per il nubifragio nel Salernitano, non avendo altro, donò una poesia che fu battuta all’asta per cinquecentomila lire. Dopo la morte, lo stesso anno, le fu conferito dal Campidoglio il Premio della Bontà.
Tombe note al cimitero Acattolico, da quella di Emelyn Story, con l’Angelo del Dolore divenuta «simbolo» del cimitero stesso, a quelle di John Keats e Percy Bysshe Shelley, August, figlio di Goethe, Dario Bellezza, Antonio Gramsci, Jia Ruskaja, fondatrice dell’Accademia Nazionale di Danza, e alcuni garibaldini, come Bartolomeo Rozat, capitano dei bersaglieri di Manara. Qui pure Rosa Bathurts, sedicenne inglese che, nel 1824, affogò nel Tevere durante una passeggiata a cavallo. La sua storia è raccontata da Stendhal che ne rimase profondamente colpito.


Il percorso non può che concludersi con la sepoltura più «recente» della capitale: rinvenuta mesi fa in via Flaminia, da pochi giorni è stata attribuita a Marco Nonio Macrino, soldato la cui vita ha ispirato il film «Il Gladiatore»" di Ridley Scott.

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