"A 81 anni sogno ancora di cambiare il mondo. Suonando nuova musica"

L'ex batterista dei Beatles pubblica un altro disco: "La voglia di creare non mi passa..."

"A 81 anni sogno ancora di cambiare il mondo. Suonando nuova musica"

«Ho ancora una voglia pazzesca di suonare». E se lo dice uno che ha iniziato nel 1957 e poi è diventato il batterista dei Beatles forse bisogna credergli. Ringo Starr ha 81 anni. Una tinta di capelli, diciamo così, piuttosto feroce, qualcosa tipo nero pece, che si abbina alla barba e pure alla montatura degli occhiali che esibisce nel collegamento in mondovisione via Zoom da casa sua. Ma il sorriso di Richard Starkey detto Ringo Starr è sempre quello là, lo stesso delle foto con i Fab Four che non erano ancora Fab ma soltanto giovani promesse e stavano facendo il rodaggio per cambiare il mondo. In sessant'anni, Ringo Starr ha fatto tutto quello che voleva, suonato con chiunque, guadagnato l'impossibile e, nel frattempo, è pure entrato nei libri di storia. Ora potrebbe godersela a casa sua a Los Angeles e tanti saluti a tutti perché, sapete, a una certa età bisogna rassegnarsi. Invece no. Domani pubblica un altro Ep, che si intitola Change the world e arriva sei mesi dopo un altro disco, Zoom In, a conferma che la musica è una passione che non si spegne, se è vera. «Change the world in effetti è un obiettivo complesso: cambiare il mondo».

Come pensa di farlo, Ringo Starr?

«Alla mia maniera, con gioia».

Restiamo sulla Terra.

«Penso molto al futuro dei nostri figli, dei nostri nipoti. E vorrei che si potessero cambiare le cose per chi arriva dopo di noi. Insomma, anche i politici avranno dei figli o no? In questo senso spero che la musica possa ancora contribuire a migliorare la situazione».

Nel disco suona pure Steve Lukather, gigante della chitarra e famoso con i Toto.

«Soprattutto è un grande amico, oltre che un grande chitarrista. Con lui abbiamo scritto Let's change the world, bisogna cambiare il mondo».

I Beatles a modo loro lo hanno fatto.

«Forse non hanno cambiato la storia del rock, ma quella della musica sì».

Tra le quattro canzoni di Change the world c'è pure una cover di Rock around the clock.

«Quand'ero ragazzo sono stato molto malato, tra i quattordici e i quindici anni ho passato tanto tempo in ospedale. Quando sono tornato a Liverpool dopo essere stato ricoverato a Londra, mia mamma mi ha portato al cinema per ridarmi un po' di entusiasmo».

E quale film ha scelto?

«Il film Rock around the clock. Ho visto la gente in sala che spaccava le sedie dalla gioia e dall'esaltazione. Wow! Ho pensato: Ma questa è una cosa gigantesca. Da allora me lo ricordo sempre come se fosse accaduto ieri. Ed è per questo che adesso ho voluto fare la mia versione di questo pezzo, che è stato decisivo nella storia del rock'n'roll».

Lei continua a rinviare un tour annunciato prima della pandemia.

«È stato un periodo molto difficile. Certo, abbiamo suonato, magari a distanza, e abbiamo scritto canzoni. Ma è molto difficile sentirsi dire tutte le volte che il tour lo faremo il prossimo anno. Adesso speriamo che le cose si siano rimesse a posto e che si possa ripartire».

Ringo Starr, alle sue spalle c'è una stanza con diverse batterie.

«C'è la mia preferita, che è analogica. E poi c'è anche quella elettronica. Ma io rimango un batterista vecchio stile, che suona una batteria naturale. Ah, alle mie spalle c'è anche una stella che ho dipinto io, ma quella non è in vendita. Ora vendo solo il mio disco». (ride - ndr)

A proposito di batteristi, se ne è appena andato Charlie Watts dei Rolling Stones».

«Un essere umano meraviglioso e un grande batterista. Siamo spesso usciti insieme, vivevamo vicini a Londra. Mi ricordo una sera, negli anni Settanta, quando ci siamo ritrovati a una festa. Devo dire che ero abbastanza ubriaco, eh. Poi è arrivato anche John Bonham dei Led Zeppelin, che si è messo a suonare la batteria e Charlie ed io ci siamo seduti davanti a lui. Insomma...».

Insomma?

«C'erano tre batteristi nello stesso posto. Oggi una foto del genere girerebbe istantaneamente il mondo grazie al web e ai social. Invece di quell'episodio non credo ci siano tracce. È il segno di come sono cambiati i tempi».

A proposito, tra poco dovrebbe arrivare la nuova versione del documentario Get Back girato da Peter Jackson.

«Sì, elabora la versione originale, quella girata da Michael Lindsay-Hogg nel 1969. Non mi era mai piaciuta tanto. Quella di Peter Jackson sfrutta oltre cinquanta ore di materiale in più.

E dovrebbe uscire negli Stati Uniti durante i giorni del Ringraziamento a fine novembre. C'è un aspetto più autentico di quello che erano i Beatles. Dopotutto, quando registravamo canzoni, eravamo semplicemente quattro ragazzi in una stanza».

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