Addio a Mike Nichols, il regista «Laureato» in commedia umana

La recitazione non faceva per lui, così si diede alla regia. Nel '67 scommise sul semi sconosciuto Dustin Hoffman, vincendo l'Oscar e creando una star. Poi altri successi e alcune delusioni

Per fortuna qualcuno gli aveva suggerito di trovarsi un nome d'arte. Altrimenti oggi il mondo del cinema farebbe una gran fatica a piangere la scomparsa di Michael Igor Peschkowsky, due timide vocali schiacciate tra nove intimidatorie consonanti. Volete mettere? Mike Nichols suona decisamente meglio. Eppure tutti i non addetti ai lavori lo ricorderanno per sempre come il regista di Il laureato (1967). Era il suo secondo film e fu un successo straordinario, record d'incassi e fama perenne. Con l'aggiunta di un Oscar, guarda caso proprio alla regia. Non per niente Nichols, con fiuto perfino superiore al talento, aveva fatto esordire da protagonista un attore destinato a diventare una star: Dustin Hoffman. Un tipo a prima vista quasi insignificante, al quale probabilmente altri avrebbero chiuso la porta in faccia, considerata la non eccelsa statura, un fascino di gran lunga inferiore a quello del coetaneo Robert Redford e i trent'anni già compiuti.

Nichols, morto l'altroieri a 83 anni, era nato a Berlino nel '31 da una famiglia ebrea. Per sfuggire alle persecuzioni antisemite, da bimbo era emigrato con i genitori a Chicago. Il padre, un intellettuale di origine russa, morì in guerra e il futuro regista s'industriò in mille mestieri prima di approdare nel porto allora più trafficato di New York: l'Actors Studio. Ben presto si rese conto di essere negato per la recitazione, tanto da passare quasi subito a Broadway per dirigere graffianti commedie satiriche, di cui non è rimasta traccia.

La folgorazione avviene a 35 anni: la regia cinematografica. Tanto per giocare in casa, cominciò con un dramma che più teatrale e, a dirla tutta, più pizzoso non si può: Chi ha paura di Virginia Woolf? (1966), tratto da una celebre pièce di Edward Albee, dove una grande Elizabeth Taylor, isterica quasi come nella realtà, si sbrana per due ore abbondanti con il fresco marito della realtà Richard Burton e con la più dimessa coppia formata da George Segal e Sandy Dennis. Un bianco e nero cupo e verboso, che guadagnò cinque esageratissimi Oscar (uno ciascuno alle due protagoniste femminili, più tre minori) e clamorose dormite collettive nelle sale.

L'anno dopo Nichols decise, con provvidenziale intuizione, di abbassare i toni drammatici, centuplicando gli incassi, grazie appunto a Il laureato . Seguendo la regola che a un film di cassetta va accodato un mattone, eccolo nel '70 sul set di Comma 22 , un polpettone ferocemente antimilitarista che lasciò perplessa la critica e a casa il pubblico. Ma il successo riesplose l'anno dopo con il provocatorio Conoscenza carnale , scandalosamente spregiudicato in materia sessuale, almeno per le platee di quarant'anni fa. La dolce vita dei marmittoni, reduci della seconda guerra mondiale, Jack Nicholson e Art Garfunkel oggi sarebbe ammessa senza problemi anche nei cinemini parrocchiali. Non che la carriera di Nichols fu in seguito così folgorante. Due uomini e una dote , del '74 si raccomanda più per il divertente duello di gigioneria tra il ripescato Nicholson e Warren Beatty che per una trama pseudogialla piuttosto debole. Meglio allora il crudo Silkwood ('83), con l'ostinata operaia sindacalista Meryl Streep, spavaldamente in prima linea contro i cinici proprietari di una fabbrica di letale materiale radioattivo. Tre anni di sosta e nell'86 nuovo passaggio dal dramma alla commedia, con Heartburn - Affari di cuore , e il litigioso, effervescente tandem Nicholson-Streep. Nell'88 Una donna in carriera , grazie anche al topless di una sfavillante Melanie Griffith, riportò Nichols in cima alla hit parade.

Per l'ultima volta. Non fecero certo boom al botteghino né Cartoline dall'inferno ('90), insopportabile gara di smorfie tra Meryl Streep e Shirley MacLaine, né il fantahorror Wolf - La belva è fuori , dove è arduo decidere se sia più fastidiosa la recitazione dell'esagitato uomo lupo Nicholson o l'enfatica colonna sonora di Morricone.

Dopo qualche dimenticabile incidente di percorso, leggi flop, ecco l'ultimo ruggito del vecchio leone: La guerra di Charlie Wilson (2007), con l'eccellente duetto Tom Hanks-Julia Roberts: un film di grande classe, i cui toni grotteschi piacquero alla critica ma non al pubblico.

E così l'autore, fiutato il vento, decise saggiamente di togliere il disturbo.

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