Alfano, il grande compositore che fece ballare anche i cani

Un musicista tutto da riscoprire, che partì dagli spettacoli stravaganti delle Folies Bergères...

Alfano, il grande compositore che fece ballare anche i cani

L o storico della musica Andrea Della Corte, nato nel 1883, stato anche a lungo critico musicale de «La Stampa» di Torino, era napoletano. Non che avesse dei napoletani fino in fondo lo spirito; e tuttavia il suo esser napoletano, nonché una cultura sterminata a paragone di quella degli attuali musicologi, lo portò alla cattedra di storia della musica al Conservatorio (recte: Liceo musicale) di Torino. Il suo amico Franco Alfano, di quell'istituzione direttore, presiedette nel 1926 una commissione di concorso della quale magna pars era Guido Pannain, che lo nominò. Della Corte di Pannain era sodale senza averne però né la preparazione musicale né il genio. Dalla stazione torinese di Della Corte scaturisce nel 1935 una intervista ad Alfano di 118 pagine (Ritratto di Franco Alfano, editore Paravia) che del nostro Maestro è il documento biografico più affascinante. Affascinante giacché Della Corte, le affermazioni critiche del quale non sempre sono eccelse (ma eccelse di Pannain egli opportunamente e ampiamente cita), riporta le parole di Alfano su se stesso. Il racconto orale mostra ben altro e delizioso uomo di quello che risulta dall'epistolario, preoccupato il Maestro perché invero a pochi altri compositori novecenteschi della sua statura il successo commerciale e il riconoscimento pubblico – non certo assenti ma inadeguati – tanto sfuggirono. La Scala e Casa Ricordi gli furono sempre ostili; e il critico musicale del «Corriere della Sera» Gaetano Cesari, pur un pozzo di scienza quanto a titoli, nei suoi confronti, come in quelli di Marinuzzi, si mostra prevenuto e cieco (la stroncatura della Leggenda di Sakuntala basti a tal proposito).
Dopo i profondi studî di composizione a Lipsia con Salomon Jadassohn (l'aridità per eccesso di scienza delle opere strumentali del quale Alfano con molto senso dell'umorismo mette in rilievo) e di musicologia con Hugo Riemann Frank (ancora lo chiamavano così) se ne andò a Parigi ove, letto il romanzo di Tolstoj e assistito alla sua riduzione teatrale, avrebbe scritto Risurrezione. Intanto andò a lavorare alle Folies Bergères: scrisse due Balletti per tale teatro. Le sue parole non possono essere parafrasate né riassunte.
«Fu per me un nuovo esercizio di istrumentazione, per l'adattamento alla singolare costituzione dell'orchestra delle Folies Bergères: tre violini primi, due secondi, una viola, un violoncello, contro quattro corni, tre trombe, tre tromboni, due flauti, un oboe, un clarinetto, un fagotto, la tuba e la batteria completissima. Era quella l'orchestra che nel famoso music-hall accompagnava e accompagna gli acrobati, i prestidigitatori, gli ipnotizzatori, le belve domate e i cani ammaestrati. Equilibrare decentemente quello strano complesso era un arduo compito. Studiando, vi riuscii. (…) Una sera capita alle Folies Umberto Giordano, ascolta Lorenza, mi vede all'uscita, si rallegra del successo, mi dice che la musica gli è piaciuta, e specialmente mi fa un complimento per “un passo dei violoncelli”. I violoncelli? Ma ce n'era uno solo! Sta di fatto che con gli opportuni raddoppi ero riuscito a quella illusione fonica. Un altro aneddoto. C'era in Lorenza, che capitava fra un illusionista e un “numero” di cani, ammaestrati niente meno che da un Leonida, un passo della prima ballerina che specialmente piaceva al pubblico, ma piaceva anche ai cani di Leonida, tanto da farli diventare insolitamente gai, pronti agli esercizî, più agili. Se ne accorse Leonida e una sera mi prese in disparte e mi propose di vendergli quel pezzo. Ne avrebbe fatto un “numero” speciale. Ero giovane, non troppo ricco…, glie lo vendetti. Piacere ai cani? Non era un successo, anche quello?».
Mi piace ricordare che la Circus Polka venne da Stravinskij composta per il Circo Barnum affinché venisse ballata da un gruppo di elefanti: che si rifiutarono.
Ne La virtù dell'elefante racconto in modo erroneo la genesi di Risurrezione, rappresentata per la prima volta nel 1904. Essa vien considerata un'Opera “verista” sebbene a me paia, fermo restando che la definizione di Verismo musicale è cosa affatto impossibile e che a ben guardare né le Opere di Puccini, né quelle di Mascagni, né di Leoncavallo né di Giordano vi rispondono, che i tratti “veristi” siano in quest'Opera circoscritti alla dipintura d'ambiente del primo atto. Men che meno la si può considerare, come per lo più si vuole, un calco pucciniano: e non solo pel motivo che nel 1904 di Puccini erano state eseguite solo la Manon Lescaut, Bohème e Tosca (la Butterfly è dello stesso anno), come la lettura e l'ascolto ben mostrano: ma per quello esposto con durezza marmorea da Guido Pannain. «La musica di Alfano è un continuo aspirare a la purificazione da le scorie grammatiche e formalistiche delle scuole; è la tensione verso il risorgere in una esistenza forte, dal sentimentale comune del lirismo piccolo borghese. Insomma Alfano è la perfetta antitesi di Puccini. Puccini fu il contemporaneo del suo ambiente; Alfano ne fu la contraddizione. E fu tormentato da l'ansia di uscirne fuori, di colmarne le lacune spirituali con una essenza di cultura». In Risurrezione il tema non è la storia d'amore fra Dimitri e Katiusha (scrivo i nomi giusta la dizione dell'Autore), sibbene la degradazione della donna per l'esperienza carceraria, il mutarsi dell'amore nell'etica della compassione e la rigenerazione morale che ne deriva; la quale assume un valore religioso. Così considerata la cosa, il rapporto fra l'Opera di Alfano e il romanzo di Tolstoj, con le omissioni e le presunte incomprensioni del Maestro e dei suoi librettisti, diviene secondario.

L'amore fra i due si consuma alla fine del primo atto all'insegna della primavera; le estenuazioni armoniche delle quali di lì a poco Alfano sarà capace sono più accennate che realizzate; tuttavia il Duetto contiene anche la suggestione timbrica del coro interno vocalizzante sulla A, giusta il modello di Sirènes: Debussy è peraltro il compositore più amato dal Maestro napoletano.

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