Ironica. Caotica. Materna. Sensuale. Impulsiva. Saggia. Folle. Chiunque ami Mara Venier adorerà Amori della zia , che della proverbiale «signora della domenica» è l'autobiografia irregolare e perfetta in uscita martedì. Non tanto per quel che racconta (scombinato spesso, gustosissimo sempre) ma per il modo in cui lo fa. In tutto somigliante alla turbolenta e malinconica natura di una delle icone tv più popolari degli ultimi decenni.
Diciamoci la verità, signora Venier: parecchi suoi colleghi le autobiografie le firmano ma non le scrivono.
«Ah no: questa è tutta farina del mio sacco, giuro. Nasce da una figuraccia che feci con la Mondadori. Dovevo raccontare di mia madre, malata di Alzheimer. Non sono riuscita ad andare oltre il secondo capitolo. Allora proposi un libro di ricette: i miei intingoli sono finiti spesso a tavola coi fatti della mia vita. Così, da quello delle lasagne o del baccalà, passo al sapore dei ricordi».
Senza alcun ordine, però, e anzi spesso in un programmatico, irresistibile caos.
«È come quando si chiacchiera fra amici: sovrapponi un fatto a un ricordo, un viso ad un sapore. Così salto dall'infanzia nelle case popolari dei ferrovieri di Mestre, quando a sei anni vinsi un premio al catechismo e decisi che avrei fatto la suora, alle star hollywoodiane incontrate per Domenica In : Sharon Stone, con cui ci scambiammo le scarpe, Madonna, che mandai a quel paese per i suoi ritardi, Glenn Ford, che mi ricevette ubriaco in camera da letto, e che io rifiutai far vedere in tv ridotto così».
È vero che Richard Burton rimase ipnotizzato dal suo décolleté?
«Avevo diciassette anni e, non faccio per dire, ero notevole. Eravamo a cena all'Harry's Bar, col mio marito di allora, il primo, per il quale ero scappata di casa dalla finestra ed ero rimasta incinta ancora minorenne. E Burton prese a fissarmi. Ma non negli occhi. Per l'imbarazzo cercavo di concentrarmi sui tagliolini gratinati. Ma c'erano altri occhi, quelli viola di Liz Taylor che, di fronte a me, saettavano fulminanti strali».
E il suo primo amore era stato un principe. Autentico.
«Sebastiano Furstemberg, nipote di Gianni Agnelli. Lo zio gli aveva regalato un Balilla Coppa d'Oro e lui veniva a prendermi alle case popolari con quella. Tanto per gradire. Come fai a non sentirti Cenerentola? Basti dire che col mio primo marito andavamo a cena da Peggy Guggenheim. Che a me, che non parlavo una parola d'inglese (neppure adesso, per la verità) era solo una bizzarra signora dagli strani occhiali».
Prima modella, poi comparsa, attricetta, ma il successo non arrivava. Colpa della mancanza d'ambizione?
«Mai avuto alcuna velleità artistica. Della Rai, di Cinecittà, perfino di Hollywood, non me n'è fregato mai molto. Tutto quel che ho avuto l'ho avuto per caso, per fortuna, per coincidenza. E l'ho pure pagato. Caro».
In che senso?
«Col tempo sottratto alle cose che contavano davvero. A mia madre, che non potevo mai andare a trovare. E ora che non c'è più pagherei oro per poterlo fare. A Renzo Arbore; io a un capo del mondo lui all'altro, non ci trovavamo mai. La verità? Prima d'ogni altra cosa io metto la vita. E la tv non è mai stata la mia vita».
A proposito di amori: al secondo marito Jerry Calà (sposato a Las Vegas) e al compagno Armand Assante quasi due capitoli. Al pigmalione e passione durata dodici anni Arbore, sì e no dieci righe. Come si spiega?
«Dovrebbe spiegarmelo lui. Io ci provo ad avere con Renzo il rapporto fraterno che ho mantenuto - ad esempio - con Calà. È lui che si ritrae. Però nel libro scrivo che m'ha insegnato tutto ; che m'ha reso gran parte della persona che sono. E che ci sono cose stupende che resteranno, per sempre, solo fra me e lui».
E finalmente la Domenica In del 1993. È il trionfo: inaspettato, non calcolato, travolgente.
«Fino al giorno prima sei una delle tante; di colpo diventi la Madonna. Un delirio. Arrivò che avevo quarant'anni, dopo venti passati da illustre sconosciuta. E manco si può dire fossi la bonazza di turno perché l'età - vero? - già c'era. Così arraffai tutto - programmi, fiction, film - certa che non sarebbe durata».
Fino alla stupefacente conclusione che, proprio negli anni d'oro del massimo successo, lei era infelice.
«Perché ero sola. Sola dentro. Allora mi buttai sulle pratiche spiritualistiche: gattare, cartomanti, sensitive, buddismo, reiki. Tutto inutile. Incontrare il mio attuale marito, Nicola Carraro: quello, è stato il mio vero successo».
A proposito
di successo: quattro mesi fa non aveva dichiarato che voleva andare in pensione?«Non era vero. L'ho detto quando la Rai mi ha tolto la Vita in diretta . Mi sono detta: “Prima che mi freghino loro, li frego io”».
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