Campion, un classico western

"Il potere del cane" ha gli ingredienti giusti, ma convince a metà

Campion, un classico western

Venezia. Era uno dei film più attesi fra quelli in concorso alla mostra, The Power of the Dog. Un po' perché si aspetta sempre il grande western, un po' perché c'è sempre attenzione per una grande regista donna, come la neozelandese Jane Campion. Ma alla fine, al termine di un rapido giro di consultazioni fra i critici accreditati al festival, ha convinto a metà. Magari la giuria sarà più compatta.

Del resto, gli elementi per farne un film da premio (e da botteghino) ci sono tutti. La regista dallo sguardo più maschile fra le cineaste «femministe». Benedict Cumberbatch, attore magnifico e personaggio perfido. Un Montana del 1925 che regala una grande fotografia. E l'ispirazione del film: l'omonimo romanzo di Thomas Savage (1915-2003), un vero maestro del genere western.

The Power of the Dog - il titolo deriva da un versetto biblico, «Salva l'anima dalla spada, salva il cuore dal potere del cane», usato anche da Don Winslow per un suo romanzo, in quel caso come sinonimo di dipendenza dalle droghe - è la storia di due fratelli allevatori, diversissimi, che vivono in un grande ranch. Phil (Cumberbatch) è carismatico, inflessibile, volgare, benché laureato in Lettere classiche, oscuro e tirannico. George (Jesse Plemons) è invece metodico, pacato, rispettabile, elegante. Vivono insieme, eredi della fortuna di famiglia, commerciando in bestiame. Fino a quando nella loro vita si inserisce una vedova di nome Rose (Kirsten Dunst, forse qui non al suo meglio) con il suo problematico figlio Peter.

La gelosia tra fratelli, la figura divisiva della nuova arrivata, l'ambiguità sessuale di Phil (ma il libro di Savage è del 1967, I segreti di Brokeback Mountain è un racconto di trent'anni dopo) e un'insofferenza a lungo repressa di George, faranno esplodere la tragedia. Come in tutti i western.

Forse in troppi.

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