Lui l'hanno trovato nella pensione dove viveva, quartiere Prati di Roma, impiccato al lampadario della stanza: a chiamare aiuto, verso mezzogiorno, è stata una cameriera. Era molto malato e viveva alla giornata, solo la miseria, gli faceva compagnia. Aveva 60 anni, ma ne dimostrava cento. Lei viveva ormai di niente e non aveva più nessuno. Dopo la morte del marito, un commerciante romano, non si era più ripresa e dopo il lutto era arrivata la bancarotta. A ottantatré anni, quando ha detto basta, viveva con il vitalizio della legge Bacchelli, una pensione minima. La polvere rimasta dei loro altari.
Perché Elio Steiner, veneziano di Stria, figlio di una contessa, e Dria Paola, rodigina, erede di una delle famiglie più in vista della città, proprietaria dell'antico Caffè Borsa, erano negli anni Trenta due divinità del cinema, anzi di più, erano quelli che il cinema l'avevano fatto parlare, la Decima Musa era nata muta, i protagonisti de La Canzone dell'amore, il primo film sonoro italiano o «parlato e cantato al 100 per cento» come strillavano le locandine dell'epoca, il primo film che cancellava le didascalie dallo schermo, che spazzava via le proiezioni mute nelle sala fumose, con le pianole improvvisate. Non un film qualunque, ma l' astronave di passaggio tra due mondi come l'Enterprise del capitano Kirk, il primo film che demoliva tutti i record di incassi, «un successo fenomenale, quasi patologico, delirante» scrivevano le cronache del tempo, che restò nelle sale 21 giorni, un periodo tre volte più lungo di quello di tutti gli altri film. Ma che non consegnò al lieto fine le vite di Steiner e della Paola, così quelle del resto della compagnia: Isa Pola, misteriosa, aristocratica e bellissima, fu uccisa da un tumore, non aveva un solo amico accanto a lei, Mercedes Brignone da una caduta dalle scale del pensionato dove viveva senza vedere, da anni, mai nessuno.
La Canzone dell'amore, melodrammone sentimentale e libera riduzione della novella di Luigi Pirandello In silenzio, cosa curiosa visto che si tratta del primo film parlante, fu un piccolo miracolo di arte cinematografica e di quella di arrangiarsi.
«Pochissimi - scriveva Vittorio Calvino nella sua Guida al cinema 1949 - fecero caso al fatto che gli interpreti del film, quando dovevano parlare, si accostavano a un mobile oppure a un caminetto o a un tavolino» perché «il microfono era nascosto dietro un soprammobile, oppure celato da un mazzo di fiori, o legato alle gambe del tavolino». Per non far sentire il rumore della macchina da presa Righelli, il regista, la seppellì di coperte su coperte di lana spessa, non essendoci missaggio si girava con l'orchestra che suonava durante le riprese. Ma cambiò la storia del cinema, fece rinascere un'industria che boccheggiava, riaprì all'Italia i mercati internazionali. Stefano Pittaluga, il produttore, pratico e visionario, puntò sulla novità del secolo di cui tutti parlavano, non badò a spese, comprò la novella a Pirandello, scritturò un regista di grido, Gennaro Righelli, il nonno di Luciano e Sergio Martino, gli affiancò i migliori fotografi e i migliori operatori, scelse come protagonista una ragazzina sconosciuta ma che impersonava alla perfezione il tipo femminile di moda in quegli anni, quello della «donna crisi», magra, timida e un po' sfigata, e la ribattezzò Dria Paola, perché Etra Pitteo gli suonava troppo dannunziano. E sapendo che il trionfo del sonoro americano era stato determinato dalle canzoni, a partire dal Cantante di Jazz dell'anno prima con Al Jolson, volle una canzone portafortuna (Solo per te, Lucia / va la canzone mia / come una febbre di passion / tu sei l'eterna mia illusion) e per non sbagliarsi la mise nel titolo. L'autore era il Lucio Battisti dell'epoca, Cesare Andrea Bixio, quello di Parlami d'amore Mariù, Portami tante rose, Vivere, Mamma, Violino tzigano. E i due successi mostruosi, cinematografico e musicale, si sposarono per poi disperdersi nel tempo ma mettendo al mondo tutti i film usciti fino a oggi.
Per questo oggi, per una notte Rovigo, la città di Dria Paola, nello stesso giorno e alla stessa ora in cui venne proiettato il film novant'anni fa, illuminerà le sue torri millenarie, simbolo della città, con un videomapping organizzato dalla Polesine Film Commission e realizzato dal Dipartimento di Musica da Film del Conservatorio di Rovigo, che i Morricone di domani. Per festeggiare il compleanno più importante del cinema. E per non dimenticare chi è morto dimenticato.
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