Carlo Rambaldi, il mago degli effetti speciali che odiava il computer

È morto a Lamezia Terme il geniale creatore di E.T., King Kong e Alien Aveva 86 anni. Tre volte premio Oscar, è sempre rimasto un «artigiano»

Carlo Rambaldi, il mago degli effetti speciali che odiava il computer

È morto all’età di 86 anni Carlo Rambaldi, l’autore di effetti spe­ciali e vincitore di tre premi Oscar per capolavori del cinema co­me «King Kong», «Alien» ed «E.T.». È morto a Lamezia Terme, in Calabria, dove viveva con la moglie Bruna. Era nato il 15 settem­bre 1925 a Vigarano Mainarda (Ferrara). Tra i numerosi altri film a cui ha collaborato, ci sono «Incontri ravvicinati del terzo tipo», «Profondo rosso» e «Dune». È stato soprattutto un artista e un ar­tigiano, e odiava, su tutti, il computer e le riprese in digitale.


Jorge Luis Borges una volta ha detto che quanti hanno la fortuna di entrare in Paradiso, possono sce­gliersi il lavoro che più li aggrada. Oppure continuare a fare il lavoro che hanno sempre fatto. Non ci sono dubbi che a Carlo Ram­baldi, anni, da ieri si sia­no aperte le porte del Paradiso. All’in­ventore di E.T. il biglietto di in­gresso nessu­no può ne­garlo. E non ci so­no dubbi che il gran­de artista e artigiano italiano,con­tinuerà a fare quello che ha sempre fatto: meravigliosi gio­cattoli meccanici, destinati a finire den­tro la più meravigliosa del­le macchine per il diverti­mento inventate dall’uo­mo: il cinema.

Rambaldi è stato un gran­de artista e un grande artigia­no italiano, il cui talento è stato rico­nosciuto da Hollywood con l’asse­gnazione di tre Oscar per gli effetti speciali: King Kong (1976) di John Guillermin, Alien (1979) di Ridley Scott; E.T. (1982) di Steven Spiel­berg. Rambaldi si è formato nella migliore stagione per il cinema ita­liano, gli anni Sessanta del ’900.Nel 1960 Roma è il centro del mondo, per le Olimpiadi e per La dolcevita di Fellini. E il centro del centro del mondo è duplice: via Veneto e Cine­città. Dentro la fabbrica dei sogni non ci sono solo i maestri di quel momento magico e irripetibile, Fel­lini, Antonioni, Visconti, De Sica (che nel 1960 dirige La ciociara ,fa­cendo vincere l’Oscar a Sophia Lo­ren). Ci sono anche geniali artigia­ni, mestieranti, giocolieri e rabdo­manti, formatisi nel cinema fasci­sta o alle prime armi, che dalla sab­bia ricavano gioielli, dalla cartape­sta marmi pregiati, dai resti delle grandi produzioni americane buo­ni film di facile consumo. Il giovane Rambaldi si fa le ossa con Mario Monicelli, Marco Ferreri, Pier Polo Pasolini. Ma scopre i misteri del ci­nema sul set di Sigfrido (1957) di Giacomo Gentilomo (1957), Per­seo l’invincibile (1963) di Alberto De Martino (1963), Terrore nello spazio (1965) di Mario Bava, Una lu­certola con la pelle di donna ( 1971) di Lucio Fulci (1971),La notte dei diavoli (1972) di Giorgio Ferroni. Pochi soldi. Niente divi. Mezzi risi­cati. Non importa. Intelligenza e creatività sopperiscono alle troppe ristrettezze. Qualche quarto di no­biltà lo dovrebbe consentire lo sbar­co a Roma di Andy Warhol. Una pazza lesbica, Valerie Solanas, nel 1968 aveva fic­cato una pallottola nel corpo di Wahrol, senza ucciderlo. Da quel momento però le redini del suo ci­nema strampalato e sessualmentedebordante, erano passate a Paul Morissey. Rambaldi lavora nei due film di Morissey, prodotti in Italia tra il ’73 e il ’74 da Carlo Ponti: Il mo­stro è in tavola... barone Franken­stein (titolo improbabile di Flesh for Frankenstein ) e Dracula cerca sangue di vergine... e morì di sete!!!
(titolo ancora più improbabile di
Flesh for Dracula ). Ma tranne che per gli occhialetti in 3D e per una statuaria Dalila Di Lazzaro nuda, i due film pop si rivelano un flop. Per Rambaldi, pri­ma della celebrità, c’è ancora da soffrire. Fi­nalmente entra in un thriller di culto, Profon­do rosso (1975) di Dario Argento. Uno splendido bambolotto che spaventa a morteglispettatori, sfreccian­doall’improvviso, sulle musiche tecno dei Goblins. Infine Hollywo­od. Rambaldi lavora con Spielberg in un film-chiave, destinato a cam­biare Hollywood: Incontri ravvici­nati del terzo tipo (1977). Poi c’è la collaborazione con Ridley Scott in
Alien ,
ancora con Spielberg per E.T. , King Kong , e con David Lynch per Dune (1984). Poi basta. Per­ché?
Perché Rambaldi è stato un ge­nio degli effetti speciali meccanici. Negli anni Ottanta il cinema ameri­cano si nutre in maniera ossessiva di effetti speciali, visivi e sonori, ma digitali. E come il passaggio dal mu­to al sonoro, la virata verso il digit­a­le chiude un universo e ne apre uno nuovo. Una esplosione digitale è più efficace, più realista (e meno co­stosa) di una vecchia esplosione.
Un extraterrestre, o uno squalo meccanici non possono compete­re con gli avatar che escono dal nul­la del computer. Quindi si chiude l’epoca degli illusionisti e arriva quella degli ingegneri. Il cinema è così. È sempre stato così. Lascia sul campo i figli prediletti. Ma a loro spetta il Paradiso.

Chi, piccoli e grandi, vide in sala E.T volare in cielo sulla bicicletta, sa di aver assistito a un miracolo, ir­ripetibile.

E quel miracolo aveva un padre italiano: Carlo Rambaldi.

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