Dopo aver vinto il premio del pubblico alla scorsa Festa del Cinema di Roma, arriva in sala, ad alzare sensibilmente il livello delle uscite prenatalizie, "Captain Fantastic", opera seconda e in parte autobiografica dell'attore Matt Ross. La pellicola è un riuscito miscuglio di dramedy e road-movie che, grazie a una messinscena dai toni un po’ vintage e a personaggi teneramente freak, richiama certi titoli indie come "Little Miss Sunshine". Protagonista del film, una famiglia sui generis che vive isolata in un tratto boschivo del Nord America. Il pater familias, Ben (Viggo Mortensen), cresce i suoi sei figli, di un'età compresa tra i cinque e i diciassette anni, con una disciplina ferrea che comprende un allenamento fisico e intellettivo molto impegnativo. Il loro è un microcosmo perfettamente autosufficiente in cui si caccia per provvedere al proprio sostentamento, si studiano i testi classici e ci si attiene a rigorosi principi atti a plasmare dei "re filosofi" secondo la definizione che ne diede Platone. La notizia della morte della madre, ricoverata da tempo, e la necessità di essere presenti al suo funerale, obbligheranno il nucleo familiare a intraprendere un viaggio verso il mondo della cosiddetta società civile. Una volta a contatto con una realtà diversa e con i propri coetanei, i ragazzi conosceranno desideri e sofferenze. Ben sarà quindi costretto a mettere in dubbio il suo metodo educativo e a rivedere i propri ideali intellettuali isolazionisti.
Guarda qui la videorecensioneViggo Mortensen nel ruolo del padre premuroso quanto autoritario è a dir poco perfetto, assolutamente credibile, e i giovani attori che lo circondano sono tutti ugualmente sorprendenti.
"Captain Fantastic" è un film che ha il pregio di emozionare, far riflettere e divertire in parti uguali. Il regista mette a nudo le esagerazioni dei protagonisti, una sorta di piccola comunità hippie, coltissima e asociale, senza mai giudicarle e preferendo porre l'accento su come ogni forma di imposizione sia pericolosa anche quando è accompagnata dalle migliori intenzioni. In nome della libertà e dell'amore paterno, infatti, Ben forgia dei piccoli geni ma, sotto certi punti di vista, fa uno scempio della loro fanciullezza e ne cannibalizza le scelte, sopprimendo sul nascere ogni naturale desiderio di confronto con l'esterno. Progettare a tavolino un piccolo mondo utopico in cui imporre in maniera dittatoriale i propri valori e percorsi obbligati a fanciulli in fiore, ha in sé qualcosa di molto sinistro. Se l'approccio educativo di questo padre mostra i suoi limiti, non va meglio nel corso del film a quello tradizionale, sulla cui inefficacia viene posta più volte comicamente l'attenzione.
In mezzo ad un'atmosfera colorata, originale e, a tratti, divertente, i temi sono seri, dunque, e sempre attuali: la responsabilità genitoriale, la formazione scolastica e quella extra-scolastica, il pericolo insito in ogni radicalizzazione, l'opportunità e la sostenibilità etica del compromesso.
"Captain Fantastic" farà la gioia di chi, in questo periodo, cerchi, anziché i titoli commerciali, un film che sposi i canoni del cinema indipendente e che semini buoni spunti di discussione.
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