Giono, difendere la Natura senza essere "green"

Ecologista ante litteram, lo scrittore francese Jean Giono si batté per l'ambiente senza opportunismi politici

Giono, difendere la Natura senza essere "green"

Bastavano gli odori e i colori della sua terra per viaggiare, bastava il profumo gentile della lavanda, «l'anima della Provenza», per inebriare le giornate a Manosque, bastavano le olive di quella Francia soave, lontana da Parigi, da cui non si è mai separato veramente se non per un viaggio in Italia, il paese dei suoi genitori. Jean Giono (1895-1970) amava definirsi «il viaggiatore immobile», in riferimento a un breve racconto apparso nella raccolta L'eau vive (1943), in cui descriveva la dolcezza del vivere e la forza evocativa della Provenza, vista come una «porta d'entrata verso l'universale», come scrive la giornalista Marion Messina.

Nell'estate del coronavirus in cui i francesi, e con loro tutti gli europei, sono spinti a riscoprire il paese profondo, il borgo sperduto e la meraviglia dimenticata a pochi chilometri da casa, l'invito di Giono a ritrovare la magia delle cose lente e della vita bucolica, trova un nuovo eco. Prima del decrescitista collettivo che imperversa ai nostri giorni e delle voglie improvvise di smart working fuori città, Giono, senza ideologie né posture, raccontava la bellezza di un'esistenza condotta in provincia, una provincia francese e universale, per riavvicinarsi all'essenziale e vivere in simbiosi con la natura. In Les Terrasses de l'île d'Elbe (Gallimard), raccolta di articoli scritti per la stampa regionale all'inizio degli anni Sessanta (celebre fu il suo attacco contro l'installazione di un centro nucleare a Cadarache, a pochi chilometri da Manosque), Giono descrive con causticità il mondo moderno, il frastuono della vita urbana e il progresso tecnologico, celebrando i contadini, custodi delle «vere ricchezze», artigiani della pace e protettori della terra madre. È stato un ecologista ante litteram, uno che amava veramente la natura, non per opportunismo politico, e a differenza di un certo pensiero verde che oggi domina il dibattito pubblico non glorificava la vita selvaggia, la wilderness, fine a sé stessa, bensì assegnava all'uomo un ruolo benefico all'interno di essa (oggi sarebbe sicuramente un grande critico dei profeti del global warming e del dogma della responsabilità antropica). L'azione positiva dell'uomo nell'ambiente è il cuore di uno dei suoi racconti più conosciuti e toccanti, L'uomo che piantava gli alberi, pubblicato nel 1954 negli Stati Uniti (dove Giono non è mai stato, ma dov'era molto amato) sul magazine Vogue, e soltanto nel 1973 in Francia sulla rivista Revue Forestière Française. Il protagonista è un pastore, Elzéard Bouffier, che con impegno, tenacia e amore per la natura riesce a riforestare da solo una vallata arida ai piedi delle Alpi, nei pressi del piccolo comune di Vergons. Grazie alla sua iniziativa, la vallata minacciata di desertificazione torna a riempirsi di vita, i villaggi accolgono nuove famiglie, sorgono fattorie e coltivazioni che prima non esistevano. Elzéard, con il suo contributo, riporta la felicità e l'armonia in un terra che sembrava destinata all'abbandono, e Giono, attraverso la figura di questo pastore, anticipa di cinquant'anni il concetto di sviluppo sostenibile.

Lo scrittore francese, in una lettera del 1957 a un rappresentante della città di Digne, nell'Alta Provenza, scrisse queste parole: «Mi dispiace deludervi, ma Elzéard Bouffier è un personaggio inventato. L'obiettivo era quello di rendere piacevoli gli alberi, o meglio, rendere piacevole piantare gli alberi». Ma il racconto allegorico di Giono, all'epoca dell'uscita, «sembrava talmente vero che risultava impossibile credere che si trattasse di una finzione», ha detto Thomas Sacksick, fondatore dell'associazione Littérature à voix haute, aggiungendo che «la casa editrice inglese aveva persino mandato un detective per ritrovare le tracce del pastore!». Con L'uomo che piantava gli alberi Giono si afferma come un «precursore dell'ecologia morale», secondo Sacksick, un manifesto ecologista dove «l'uomo si chiede ciò che può fare per la natura e ciò che la natura può fare per l'uomo». Nel 1987, il disegnatore e regista canadese Frédéric Back adattò al cinema il racconto di Giono, con Philippe Noiret nei panni del narratore. L'opera di Back, frutto di cinque anni di lavoro, vinse il Premio Oscar per il miglior cortometraggio d'animazione.

Alla sensibilità ecologista di questo provenzale, figlio di un calzolaio e di una stiratrice di origini piemontesi, che si era innamorato della letteratura leggendo Omero e Virgilio, è stata dedicata una mostra al MuCem di Marsiglia nell'autunno 2019. Una mostra che racconta anche il suo pacifismo radicale, frutto della sua esperienza al fronte durante la Prima guerra mondiale. Non è vero, diceva, che grazie al progresso «il Ventesimo secolo viaggia ancor di più del Diciannovesimo.

No, non viaggia, si fa trasportare, si trasporta, è tutta un'altra cosa, è quasi il contrario».

A cinquant'anni dalla morte, lo ricordiamo con una frase tratta dal romanzo autobiografico Jean le Bleu: «Tutta la felicità degli uomini sta nelle piccoli valli».

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