Giraudoux, proustiano "light" maestro nell'arte del sorriso

Con l'autore della "Recherche" condivise lo stile elegante. Ma non il tono, sempre leggero. Anche di fronte alla morte

Giraudoux, proustiano "light" maestro nell'arte del sorriso

Il secolo e mezzo dalla nascita di Marcel Proust è stato ricordato/celebrato, nei pressi del 10 luglio scorso, in modo piuttosto sobrio, con un sottile retrogusto di nonchalance (per non dire di ennui) che in fondo a lui non sarebbe dispiaciuto. Eppure, i complimenti li gradiva eccome, gli facevano abbassare un po' di più lo sguardo velato di ritrosia, gli arricciavano un po' di più i baffetti. Come quando, nel giugno 1919, lesse sul raffinatissimo periodico Les Feuillets d'Art (al quarto numero del quale avrebbe regalato una chicca: l'inizio del terzo capitolo della Fuggitiva, sotto il titolo A Venise) un articolo intessuto di elogi per la nuova edizione Gallimard di Dalla parte di Swann. Nella rubrica «Chronique littéraire», il titolo già dice tutto: Du côte de chez Marcel Proust. E anche la firma dice molto: Jean Giraudoux.

La guerra era finita e Giraudoux, di undici anni più giovane di Proust, dopo essersi fatto onore sui campi di battaglia e su quelli, altrimenti insidiosi, della politica, con l'entrata nell'Ufficio francese degli Affari esteri e una missione diplomatica a Lisbona, poteva tornare a dedicarsi alle lettere. Con Provinciales e la trilogia L'École des indifférents aveva guadagnato un bel gruzzolo di punti in tal senso, prima che scoppiasse il disastro mondiale, e ora invitava a tornare a gioire. Jean-Yves Tadié scrive, in Vita di Marcel Proust, a proposito del suo articolo pro-Proust: «Dapprima mostra che dopo la guerra i lettori hanno bisogno di vacanze, di facilità, di felicità, di poesia; poi fa un ritratto di Proust, parla del suo stile, dell'infanzia, della memoria, del bel mondo, delle donne. Infine racconta Un amour de Swann».

Jean amava di Marcel soprattutto lo stile. Fino al punto, sottolinea Étienne Brunet nel saggio in cui compara i due, di farne, nel pezzo uscito su Les Feuillets d'Art, un'imitazione, pur senza intenti parodistici, al contrario. Ma torniamo per un momento a Tadié, il quale così prosegue: «Di Giraudoux Proust dirà a Porel (scrittore suo amico, figlio dell'attrice Réjane che ispirò a Marcel il personaggio della Berma, ndr) il 15 ottobre: Era delizioso, sprizzava intelligenza da tutti i pori, ma a un certo punto mi ha deluso. E a Morand, a cui rimprovera di avere ispirato al suo amico le sempiterne battute su boulevard Haussmann, i quaderni, le persiane chiuse: Ma su di me, in verità, nulla di esatto». Se fra Proust e Giraudoux corresse, oltre al buon sangue della stima reciproca, anche un po' di sangue annacquato dalla gelosia, non sappiamo. Ma sappiamo che, in caso affermativo, non vi corse a lungo. Infatti l'endorsement del secondo contribuì qualche mese dopo, il 10 dicembre, a far vincere al primo il premio Goncourt per All'ombra delle fanciulle in fiore. Inoltre, l'anno successivo Marcel ricambiò il favore, sostenendo la candidatura di Jean al Goncourt del '20. Invano: lo vinse Ernest Pérochon con il romanzo Nêne, e fu l'esordio di una location destinata a diventare celebre, per i giurati, il ristorante Drouant.

Tuttavia Jean la prese bene. Per lui scrivere non era, come per Marcel, un duro lavoro di scavo con il badile nei giacimenti sotterranei della memoria e di cesello con il bulino alla scrivania, bensì un divertimento, una vacanza. Nel suo percorso fra gli studi letterari fatti alla Sorbona e altrove, spicca la predilezione per i temi cari al romanticismo tedesco, il sogno e il viaggio, come dimostra il suo primo racconto, Le dernier rêve d'Edmond About, uscito su una rivista nel 1904. Editi recentemente da Via del Vento, altri cinque gustosi bozzetti riuniti in La lettera anonima e altre prose inedite in Italia (pagg. 41, euro 4, a cura di Stefano Serri), ospitati da Le Matin e Paris-Journal fra 1908 e 1910, ci offrono il saggio d'un registro narrativo che avvicina Giraudoux al viennese Peter Altenberg, in cui uno spunto colto per strada, una suggestione sentimentale, l'ipotesi di un errore che cambia il corso delle cose diventano i pretesti per raccontare, in un pugno di pagine, un'intera vita. Anzi, più d'una, come la coppia di senza fissa dimora di La panchina che condividono la casa a cielo aperto presso il ponte des Arts; la coppia di ladri, Guiguitte e Poulet, che «si vergognavano d'essersi ingannati a vicenda»; una terza coppia nata sotto la cattiva stella della Lettera anonima spedita all'uomo con inspiegabile anticipo da chissà chi; il triangolo amoroso uomo-fidanzata-amante che genera L'equivoco doppio di due lettere non scambiate; infine l'aspirante suicida che, mollato dalla fidanzata, medita di farla finita gettandosi nelle cascate del Niagara (si noti il cambio di ambientazione, da Parigi agli Stati Uniti) e, ricevute da due ragazze carine due diverse proposte di... sponsorizzazione dell'insano gesto, rifiuta di concedersi Al miglior offerente e s'affoga lontano da occhi indiscreti, nella sua vasca da bagno.

Ecco il punto, il tono lieve, il tratto fatalista fanno di Giraudoux una sorta di proustiano light. Lo sguardo è attentissimo come quello di Proust, la capacità di indagine psicologica anche, l'arte combinatoria applicata ai destini dei personaggi non è da meno rispetto a quella del suo stimato collega. Ma in Giraudoux il sorriso, che può essere compiaciuto, sarcastico o di commiserazione vince su tutto. Persino sulla morte. E persino sulla guerra, come avviene in Susanna e il Pacifico, uscito nel '21, un anno dopo il mancato premio Goncourt. Il romanzo vede la diciottenne Susanna (nata a Bellac, nell'Haute-Vienne, come l'autore...) vincere in premio da un giornale australiano, nel 1914, niente meno che un viaggio intorno al mondo. La nave fa naufragio, la ragazza, unica superstite, approda su un'isoletta non meglio identificata, dove la prosa lussureggiante di Giraudoux le tiene compagnia per alcuni anni, fino all'arrivo... di tre inglesi e... della guerra. Sì, nel frattempo c'è stata la guerra, quella mondiale per giunta, e Susanna, che l'aveva sospettato udendo in lontananza alcuni colpi di cannone, salvata dai tre che la sbarcano a New York ora ha un grosso problema: s'innamora di tutti i maschi che incontra.

In Bella, del '26, Giraudoux inscena, attingendo alla sua esperienza diretta degli ambienti politici e diplomatici, un'altra guerra, questa volta limitata a due famiglie, i Dubardeau del narratore Philippe e i Rebendart. L'amore tra Philippe e Bella, nuora del ministro Rebendart e fresca vedova (causa la Prima guerra mondiale di cui sopra) del di lui figlio, ovviamente acuisce i contrasti tra i litiganti. Sarà proprio Bella, distruggendo alcuni documenti compromettenti che avrebbero consegnato la vittoria ai Rebendart, a porre fine al conflitto. E, per l'emozione, a sé stessa. Ecco il poco commosso saluto di Philippe: «Tale è il trucco che Bella trovò per liberare mio padre dalla prigione: rompersi un'arteria».

Nel romanzo La bugiarda, risalente al '36 ma scoperto soltanto nel '68 dal figlio di Giraudoux, Jean-Paul, l'autore scrive: «Leggere i romanzi, assistere alle tragedie per me vuol dire ascoltare una sola delle voci di personaggi i quali possono essere compresi soltanto con tutte le loro voci. C'è un'altra faccia nel personaggio di Fedra, un'altra in quella di Poliuto, forse anche una terza.

A causa della mancanza di queste facce si hanno personaggi letterari e non umani». Come dire: non prendiamo per buone tutte le parole degli scrittori, perché la letteratura non corrisponde alla vita. Su questo, il suo amico-rivale Marcel Proust non sarebbe per nulla d'accordo.

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