Rete 4 è in piena rivoluzione, e questa passa anche da un nuovo Tg4. Al timone Gerardo Greco una figura che incarna una rivoluzione. Un giornalista moderato, i social dicono «notoriamente di sinistra», con esperienza americana, oggi chiamato a dirigere appunto il telegiornale. Ex corrispondente Rai da New York, ex direttore di Giornale Radio Rai e Rai Radio1 e ex conduttore di Agorà, Greco affronta questa nuova esperienza con l'incarico (neanche troppo velato) di portare l'informazione Mediaset verso una direzione nuova. Dal 13 settembre condurrà anche W l'Italia, un nuovo talk show che racconterà il paese «dal basso», partendo da ciò che succede in strada.
Dopo tanti anni in Rai come vive il passaggio a Mediaset?
«Sono stato accolto a braccia aperte, in modo amichevole e attento. La storia d'Italia è stata raccontata sempre da questi due editori, Mediaset e Rai, ma c'è anche La7. Anzi, la nostra scommessa è proprio quella di cercare di recuperare spazi che al momento appartengono a La7».
Perché ha accettato questo incarico?
«Mauro Crippa, Andrea Delogu (ndr: direttore e vicedirettore informazione Mediaset) ed io ci confrontavamo da un paio d'anni su quale fosse il futuro dell'informazione e abbiamo colto questa opportunità. Lascio una Rai con una crisi di identità in corso, frammentata da tanti cambiamenti editoriali, dal 2013 ad oggi sono cambiati quattro direttori generali. Invece, per consolidare una linea editoriale in strutture così complesse, servono anni. Per Agorà sono serviti 3-4 anni, un periodo lungo».
Il suo Tg4 come sarà?
«La cronaca sarà la chiave di lettura, ciò di cui parliamo al bar o dal barbiere. Vengo da dodici anni di scuola americana, dove i tg sono molto attenti ai fatti di strada, agli eventi sul territorio. Mischieremo l'attinenza ai fatti con un aspetto più pop. Le aperture politiche sono inconciliabili con questa visione. Sono contrario a rifilare pastoni politici agli spettatori, niente informazione snob, piuttosto terra a terra».
E la politica come la racconterà?
«Arriverà dopo. La struttura dell'informazione televisiva in Italia, penso a alcuni tg, anche Rai, hanno una struttura dall'alto verso il basso. Ecco vorrei invertire l'ordine dei fattori dell'informazione televisiva. In più, tratteremo anche argomenti leggeri».
Negli ultimi anni sembra che un certo tipo di giornalismo sia stato un traino per la vittoria di Salvini...
«Alcuni colleghi hanno raccontato un periodo storico preciso. All'epoca la loro linea editoriale aveva un senso, ora i destini politici si sono invertiti. In Italia ultimamente è tutto letto in chiave sistema o antisistema, ma è una visione limitata, perché destra e sinistra di fatto non sono più così definite. Per capirci, quando c'è stato il racconto dell'Italia urlata, indignata, è perché nel paese c'era quel sentimento. Ora sono altri tempi. La grande tv narrativa, a suo tempo tipica di Rai3 o Canale 5, va recuperata».
La Palombelli andrà in onda su Rete4 nella fascia di Otto e mezzo della Gruber. Guerra dichiarata a La7?
«Rete4 ha differenze strutturali e sostanziali con La7. Quando andrò in onda con W l'Italia mi preoccuperà di più la concorrenza delle fiction di Rai1 che quella di La7, che è una rete molto alta. Rete4 sarà la rete del racconto del paese, dall'emotività della gente. Non del faccia a faccia tra politici, per intenderci. Una trasmissione di puro dibattito è troppo alta, vorrei che la gente da noi invece si identificasse, per questo useremo il mezzo del racconto».
W l'Italia dal 13 settembre. Ci dica qualcosa di più.
«Lo studio ha una scenografia urbana, sembrerà la periferia di una città. Offriremo racconti, storie alla Camilleri, i politici discuteranno i problemi della gente, magari con l'aiuto di fiction alla Il terzo indizio. Ricostruiremo casi come fossero racconti gialli e penseremo insieme a una soluzione positiva, visto il titolo».
Pensa che sia arrivato il momento di una televisione meno urlata e più moderata? Meno virata al populismo?
«Atteniamoci ai fatti, questo racconterò. Ho una visione molto laica della cronaca e della vita. Non si può far finta di non vedere. Ricordo che nel 2013 a Agorà veniva la Lega a parlare di immigrazione incontrollata, era un tema molto forte. Col tempo ha prevalso il tema della paura dell'altro, rispetto a quello del reddito di cittadinanza dei Cinque Stelle. Se si parla di migranti guarderemo la realtà, pensando sempre a una possibile soluzione».
Cosa pensa degli orizzonti
politici a breve e medio termine? E del futuro del Centrodestra?«Non conosco i rapporti tra Salvini e Berlusconi. Ma se penso al futuro del centrodestra, non vedo al momento allontanamenti definitivi o irrecuperabili».
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