"Impegno e leggerezza. Rompiamo le regole ma rispettando la gara"

La band fa boom tra Rino Gaetano e la lezione di Gabbani: «Siamo cazzari ed emozionanti»

"Impegno e leggerezza. Rompiamo le regole ma rispettando la gara"

nostro inviato a Sanremo

Pronti, via e cambia tutto. Lo Stato Sociale è arrivato a Sanremo come band di super culto (hanno riempito pure il Forum di Milano) e nel giro di quattro minuti ne sono diventati la rivelazione. Un brano (Una vita in vacanza) che nella scansione del testo ricorda quelli di Rino Gaetano, ma ha un arrangiamento in stile «electronic dance music» e, oltre a una parolaccia (cogl...), snocciola alcuni riferimenti all'attualità come «il rottamatore» o «l'esodato» oppure il «bioagricoltore» fino a porsi la ponderosa domanda: «Vivere per lavorare o lavorare per vivere». Allegria e ironia, miscela vincente con una bella deriva «sociopolitica». Boom.

In più all'Ariston i cinque ragazzi dello Stato Sociale hanno messo in pratica la lezione Gabbani: ossia scenografare la propria canzone. Hanno preso un verso del testo («Una vecchia che balla») e l'hanno tradotto in realtà chiamando Sarah Patricia Jones, detta Paddy, 83 anni, ballerina di salsa lanciata da Britain's got talent nel 2014. Esibizione che sui social e sul web ha avuto più o meno lo stesso effetto della «scimmia che balla» di Gabbani.

«Noi cerchiamo di essere sorprendenti, cazzari ed emozionanti allo stesso tempo», spiega Alberto che a Bologna, con Bebo, Carota, Checco e Lodo, nel 2009 ha messo insieme questa band diventata subito un caso. Infatti nella prima serata la loro apparizione sul palco ha raggiunto il picco di attività sui social network.

Scusi, Alberto, qual è la missione dello Stato Sociale?

«Comunicare certe cose in modo accessibile a tutti».

Siete sempre stati considerati una band «impegnata». Sanremo è coerente con il vostro passato?

«Sì, soprattutto con gli esordi. E non a caso questo brano in gara parla di libertà e di non sottostare a determinate regole che non riguardano soltanto il mondo del lavoro, ma anche quello della vita di tutti noi».

Però siete in gara e la competizione non è molto compatibile con uno stato sociale.

«Bela Bartok diceva: Competitions are for horses, not artists, la competizione va bene per i cavalli, non per gli artisti. Però se uno prende la gara con una certa leggerezza, tutto è possibile. Ed è lo spirito giusto».

Spirito giusto o no, ormai siete tra i favoriti...

«Ci stiamo toccando tutte le parti toccabili all'uopo».

L'idea di portare in scena una ballerina ultraottantenne?

«È una coetanea della Vanoni».

Appunto.

«È una immagine evocativa che ci ha subito convinto e che lei ha accettato con una gioia travolgente».

Vabbè. Qualcuno dice che siete gli eredi di Elio e Le storie Tese. Altri che ricordate Rino Gaetano.

«Sono entrambi nostri punti di riferimento. Rino Gaetano è più vicino a noi, ma credo sia irraggiungibile. Invece Elio è stato il nostro passepartout per entrare nel mondo di Sanremo. Ho conosciuto il gruppo ascoltandoli nel 1996 proprio qui con la Terra dei Cachi. E da allora abbiamo seguito il Festival. Infatti appena li ho incontrati all'Ariston, ho detto che è colpa loro se siamo qui».

E il vostro pubblico come ha preso lo sbarco al Festival?

«Direi bene, anche se qualcuno ha avuto da obiettare. Però questo è il festival della canzone italiana e noi facciamo canzoni italiane...».

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