"Life", uscito nelle nostre sale questa settimana, racconta il breve periodo d'amicizia tra James Dean e il fotografo Dennis Stock, nonché la genesi di alcune immagini dell'attore divenute iconiche per generazioni.
A impersonare il divo hollywoodiano prima che divenisse tale, c'è il giovane Dane DeHaan che ha forse la faccia un po' troppo da bambino per il ruolo, ma la cui aderenza al personaggio fa sì che la sua performance, dal punto di vista tecnico, rasenti la perfezione.
Anche se il vero James Dean aveva un carisma che resta inarrivabile, DeHaan, come si può ascoltare nella versione originale del film, riesce, addirittura, a riprodurne l'esatto tono di voce cantilenante, compiendo un piccolo capolavoro. L'attore è in grado di rendere credibili le contraddizioni di un uomo che era davvero diverso da tutti gli altri: dallo sfoggio di un abbigliamento a metà tra il campagnolo e il metropolitano, fino alla dolorosa dicotomia interiore tra ambizione professionale e rigetto per lo star system. Un'anima timida, che si sentiva a casa nelle poesie di James Whitcomb Riley e capiva di essere troppo fragile per reggere l'agognata fama.
Nei panni del fotografo coprotagonista, Robert Pattinson brilla per sobrietà e bravura, dimostrando di continuare a scegliere ruoli non facili per rimettersi in gioco dopo il fenomeno "Twilight".
Dietro la macchina da presa, a orchestrare il tutto, c'è un regista olandese che è anche un noto fotografo, Anton Corbijn, senz'altro all'altezza di ricreare il punto di osservazione da cui furono scattate le celebri foto passate alla storia cui il film è dedicato. Bisogna però ammettere che a "Life", nel complesso, mancano un po' di slancio e di profondità. Il fatto è che si tratta di un film dall'attenta composizione scenica ma che non si eleva quasi mai oltre il mero esercizio di stile.
Certe sparute frasi sul valore della fotografia, così come alcuni piccoli indizi sulla prematura morte cui andrà incontro il protagonista, servono da esile riempitivo in una sceneggiatura in cui, in sostanza, non è previsto accada granché. L'accento sonnolento ricreato da DeHaan e l'attitudine alla flemma attribuita al suo James Dean, inoltre, a un certo punto, sembrano contagiare l'intero girato, il cui ritmo inizia a rasentare il letargico, compromettendo l'interesse stesso dello spettatore alla vicenda raccontata.
Dennis Stock (Robert Pattinson) è un fotografo dell'agenzia Magnum, dal talento frustrato. Sopravvive scattando foto sui set delle grandi produzioni hollywoodiane ma, quando fa la conoscenza del giovane James Dean (Dane DeHaan), reduce dalle riprese de "La valle dell'Eden", comincia a sognare la copertina della rivista "Life". Intravede, infatti, nel ragazzo le sembianze della futura star e pensa che fotografarlo prima che ottenga il grande successo possa essere il colpo della carriera che cerca da sempre. Peccato che Dean, nonostante si dica disponibile a posare, sia continuamente irreperibile. Svogliato e capriccioso, sfugge all'impegno preso sia a Los Angeles sia a New York, fatta eccezione per una foto sotto la pioggia a Times Square. Solo quando Dennis accetterà di seguirlo a Fairmount, in Indiana, l'attore si lascerà ritrarre in famiglia e nei luoghi d'infanzia.
Chi è avvezzo a questo genere di pellicole sa già, durante la proiezione, che con ragionevole certezza nei titoli di coda sfileranno gli scatti originali che ritraggono i soggetti reali di cui è narrato nel film. Ebbene, si sappia che lo sforzo di aver condiviso le pene e le peregrinazioni del povero fotografo Stock, completamente asservito agli umori del giovane e sfuggente Dean, non verrà ripagato a sufficienza nei credits, perché il vero James Dean sarà mostrato per istanti brevissimi.
Come fu per un'altra operazione rischiosa, quel "Marilyn" del 2011, riguardante venti giorni della vita della Monroe, questo è un film elegante che, alla fine, ha ragion d'essere per il fatto di mettere in luce una grande prova attoriale.
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