Lady sempre meno Gaga: "Con Bennett torno al jazz"

La Lady orfana di Gaga l'ha annunciata di Tony Bennett: "Quando Tony mi ha chiesto di registrare con lui un disco di standard jazz, mi sono sentita liberata"

Lady sempre meno Gaga: "Con Bennett torno al jazz"

nostro inviato a Bruxelles

Una Lady sempre meno Gaga. Altro che tamarrate da circo Barnum: stavolta sorprende senza prendere troppe licenze. Abito di velluto blu elettrico con strascico lungo due metri. Ciglia modello Hollywood anni Cinquanta. Rotondità golose e mediterranee. Insomma, più Liza Minnelli che Miley Cyrus. E poi di fianco ha Tony Bennett che in arte è l'ultima leggenda vivente dello swing, sessant'anni più di lei, padre putativo della sua svolta. Una vera svolta e forse anche una svolta vera. La Lady orfana di Gaga l'ha annunciata di fianco alla leggenda, quasi guardandola negli occhi, l'altra sera nel salone rinascimentale del Comune di Bruxelles, giusto in tempo per battezzare l'uscita di Cheek to cheek : «Quando Tony mi ha chiesto di registrare con lui un disco di standard jazz, mi sono sentita liberata, temevo di aver perso una parte di me», ha detto con voce flautata, gambe accavallate, sguardo malizioso. Da I cant' give you anything but love (cantata e scelta pure da Marlene Dietrich e Duke Ellington) fino a Lush life (amata da Nat King Cole) e The Lady is a tramp (Sinatra ed Ella Fitzgerald bastano?).

E mentre il disco che nei negozi italiani arriva oggi e si è già arrampicato al primo posto in mezzo mondo (il concerto del 4 novembre al Forum di Milano è già tutto esaurito), Lady Gaga si è autopsicanalizzata davanti agli obiettivi: «Quando ho iniziato a scrivere musica per l'industria discografica, mi hanno subito identificato come quella strana tipa di Downtown New York e mi sono adattata per farmi notare, girare il mondo e fare più concerti». Fin qui pure Jennifer Lopez, si parva licet . Poi però: «Però ero un'altra cosa perché a quattro anni avevo iniziato a suonare il piano, a 11 studiavo canto classico, a 13 mi ero avvicinata al jazz». In poche parole, è diventata popstar quasi per forza, attirata dallo zucchero della fama prêt-à-porter , lì per lì quasi istantaneo e molto ipnotico, e poi montato fino a diventare soffocante. Così, dopo essersi incontrati a un evento benefico a New York (e aver cantato insieme The Lady is a tramp nel cd Duets II ), a Tony Bennett, nato Anthony Benedetto figlio dei calabresi John e Anna Suraci, è venuta l'idea delle idee: perché non facciamo un disco tutto nostro? Per lui, il colpo più imprevedibile di una storia da crooner abituato al primo posto in classifica sin dalla suadente Because of you del 1951. E per lei l'antidoto perfetto allo sconfortante fiasco di Artpop , molto chiacchierato ma poco venduto. «Avevo paura di aver perso per sempre quella parte di me e sapevo che Tony non avrebbe accettato null'altro se non il cento per cento delle mie forze» ha cinguettato lei, a due passi dall'estasi se non altro perché era appena stata benedetta da un roboante «Lady Gaga ha un dono che non si impara a scuola: sa cantare ed è molto onesta». Ovvio, da strappona a chanteuse il passo è lungo, quasi impossibile se di mezzo non c'è almeno un po' di talento. Qui c'è. Perciò, tanto per dimostrarlo dal vivo, la Lady sempre meno Gaga ha atteso che Tony Bennett, 88 anni, finisse il suo concerto di quasi due ore (!!) alle Cirque Royal e poi se lo è portato sul palco della splendida Grand Place per un'altra mezzoretta. Lui in smoking con black tie, cravatta nera d'ordinanza. Lei in abito fasciante (persino troppo) di paillettes dorate, capelli corti e neri, entusiasta come una ragazzina (lo è, ha 28 anni) al punto da chiamarlo «Tony Gaga» e a definirlo «il mio Frank Sinatra».

E la voce?

Un po' legata ma calda, colorata, sensuale nei sussurrati e precisa negli innesti. Nove brani in totale, alcuni in duetto come But beautiful e Anything love , altri da soli come How do you keep the music playing (Bennett) e Lush life (Gaga) davanti a qualche migliaio di tifosi a metà tra la follia da fan e lo sbigottimento da ultra fan. Chissà quanti «little monsters», ossia i fanatici supporter della fu popstar esagerata, metabolizzeranno questa svolta, certamente non definitiva però neppure volatile.

Per ora Lady Jeckyll e Hyde Gaga portano avanti le due carriere parallele. Ma l'obiettivo è quello là. E, più prima che poi, la «quirky girl from Downtown New York» si riunirà con la cantante jazz per far nascere la Lady Gaga prossima ventura. Quella definitiva, si presume.

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