Louvre Abu Dhabi, se fosse d'esempio anche per l'Italia?

I più grandi musei del mondo non sono soltanto luoghi di esposizione e conservazione

Louvre Abu Dhabi, se fosse d'esempio anche per l'Italia?

I più grandi musei del mondo non sono soltanto luoghi di esposizione e conservazione. La fama del loro nome, la potenza del loro marchio li sta trasformando in veri e propri brand che, ragionevolmente, possono espandere la propria influenza in altre zone del pianeta, soprattutto quelle nuove, considerate emergenti, che prima dell'avvento della globalizzazione non esistevano sulla carta geografica dell'arte.

Il museo, infatti, gioca un ruolo di educazione culturale, crea un contesto, avvia scambi, permette la libera circolazione delle opere, soprattutto quelle nascoste ai visitatori e stipate nei magazzini. Se un tempo erano soprattutto i privati, ricchi mecenati americani come Guggheneim, a investire nei propri spin off, oggi questo ruolo tocca al pubblico: approdare dove ci sono grandi quantità di denaro che in Europa ci sogniamo.

L'attesa apertura del Louvre Abu Dhabi è dunque fissata per il prossimo 11 novembre e c'è da scommettere che la capitale degli Emirati Arabi farà di tutto per realizzare un museo vero e proprio, con regolare flusso turistico, e non uno di quegli spazi fantasma che funzionano solo nei giorni dell'inaugurazione per poi ritornare cattedrali (anzi moschee) nel deserto. Altrimenti non si spiegherebbe l'investimento miliardario, a cominciare dall'edificio affidato al Pritzker Prize Jean Nouvel, e concepito in dodici percorsi che si snodano dall'antichità, attraverso l'arte classica, fino al moderno per raggiungere addirittura il contemporaneo. Sono gallerie cronologiche e tematiche che vanno dalle prime rappresentazioni figurative, quindi l'Antico Egitto, i capolavori pittorici dei secoli d'oro, Impressionismo, avanguardie del '900 e, a sorpresa, l'arte di oggi con interventi, tra gli altri, di Ai Weiwei, Giuseppe Penone e Jenny Holzer. L'opening sarà una vera e propria celebrazione dell'arte, con tanto di simposi, performance, convegni, spettacoli di danza. Atteso il meglio del jet set internazionale.

Il tutto sotto l'occhio vigile della «casa madre», per questo monumentale esempio di franchising, al cui vertice ci sono Manuel Rabaté, direttore del Louvre Abu Dhabi e Jean-Luc Martinez, presidente e direttore del museo parigino. Gli accordi di prestito variano da 30 anni a 6 mesi in una logica di rotazione seppur su tempi lunghi.

E i musei italiani? Perché non sintonizzarsi su questa stessa politica di sedi distaccate, considerando l'immenso patrimonio di cui disponiamo, esposto solo in piccola parte? Eccellenze come gli Uffizi a Firenze, il Museo Egizio di Torino, Pompei, la Galleria dell'Accademia a Venezia, potrebbero implementare di molto i

guadagni ipotizzando join ventures con facoltosi califfi e sultani? È noto che la nostra legislatura in merito ai beni culturali sia molto restrittiva ma, al contempo, è impossibile ignorare che una nuova strada è tracciata.

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