Luna Park, la serie italiana che non convince

Debutta il 30 settembre Luna Park, nuova serie italiana targata Netflix che trasporta lo spettatore nell'Italia del dopoguerra, tra luna park scintillanti e segreti di famiglia in una Roma che richiama Fellini

Luna Park, la serie italiana che non convince

Debutterà il prossimo 30 settembre su Netflix Luna Park, serie italiana di sei episodi diretta da Leonardo D'Agostini e Anna Negri su soggetto e sceneggiatura di Isabella Aguilar, un nome già noto agli appassionati di serialità perché è alla base del fenomeno cult Baby. Ambientata nella Roma degli anni '60 che ancora si trascina dietro gli orrori della seconda guerra mondiale, Luna Park mette al centro della propria narrazione due ragazze che non potrebbero essere più diverse. Da una parte c'è Nora, una ragazza affascinante che vive e lavora nel luna park di famiglia e che cerca di superare la perdita della madre, un lutto che non l'ha mai davvero abbandonata. Dall'altra c'è Rosa che, coi suoi vestiti pastello e l'appartenenza alla Roma borghese e vacua tanto decantata da Federico Fellini, sembra non avere un solo problema al mondo. Ma l'apparenza a volte inganna: quando Rosa chiede a Nora di leggerle le carte, la ragazza confessa di aver perso la sorella gemella, scomparsa di punto in bianco quando Rosa aveva appena un anno. Questa confessione sarà l'inizio di una serie intricata di segreti, omissioni e misteri che si allargheranno non solo sulle due ragazze, ma anche sui personaggi che gli si muovono intorno.

Luna Park, un ibrido tra thriller e fiction

Mentre in sala si attende l'arrivo di Freaks Out di Gabriele Mainetti che circoscrive l'esperienza circense in un fantasy ambientato nel bel mezzo della Seconda guerra mondiale, Netflix propone una serie dal sapore un po' vintage, che pone l'attenzione su una Roma piena di colori e di gonne a ruota, piena del desiderio di riprendersi dagli orrori della guerra con una vivacità ritrovata. Il luna park, in questo senso, diventa sia simbolo di questo bisogno di ritrovare il senso di pace e serenità della vita quotidiana, ma anche il mezzo con cui la storia riesce a contrapporre le due protagoniste principali. Senza regole, senza vere e propri leggi scritte, il luna park in cui si muove il personaggio di Nora - con le sue roulotte arredate con stile e le giostre che, in un attimo, possono diventare qualcosa di spaventoso e inquietante - diventa la contrapposizione della villa in cui vive Rosa, con i suoi ampi saloni e il giardino a perdita d'occhio. Tuttavia, a parte questa funzione descrittiva e quasi didascalica, il luna park in sé non ha un vero e proprio peso narrativo e finisce con il fare semplicemente di sfondo alla storia di due ragazze che devono ritrovare se stesse e comprendere le verità che circolano intorno alle loro esistenze. Da questo punto di vista si ha la sensazione di aver sprecato del potenziale davvero interessante, di non aver sfruttato al massimo tutte le possibilità che un set tanto particolare avrebbe potuto regalare allo spettatore. Il risultato finale è una sorta di prodotto ibrido, un qualcosa che sta di mezzo tra il racconto di genere che guarda al thriller e la solita narrazione melodrammatica di cui è piena l'indutria dell'intrattenimento italiano.

In questo senso non aiuta nemmeno la massiccia presenze di sottotrame - a volte fin troppo esagerate - che invece di arricchire il quadro generale danno allo spettatore la sensazione di essersi smarrito all'interno di un labirinto, senza veri e propri punti di riferimento. Nei sei episodi che compongono Luna Park, la serie Netflix mette la proverbiale troppa carne al fuoco e, così facendo, non riesce ad affrontare del tutto nessuno dei temi che si trova a sfiorare. Questo non significa assolutamente che sia una serie da buttare. Al contrario, nonostante le pecche, riesce ad avere un ritmo abbastanza incalzante per tutta la durata della visione, dando al pubblico quella familiare sensazione di voler andare avanti a ogni costo per scoprire come andranno le cose. Allo stesso tempo il cast - composto, tra gli altri, da Simona Tabasco, Lia Greco, Alessio Lapice e Milvia Marigliano - è quasi sempre a fuoco e credibile, regalando interpretazioni che aiutano l'empatia di chi guarda.

Ma forse l'aspetto che più è riuscito in questa nuova operazione Netflix è quello inerente la colonna sonora: la musica viene usata con una consapevolezza e una sapienza che finiscono con il renderla una protagonista aggiunta, impossibile da ignorare.

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