Insieme fino all’ultimo. Nello stesso tragico incidente in cui ha perso la vita la star del Nba Kobe Bryant, è morta anche sua figlia, la piccola Gianna Maria. Aveva solo 13 anni, ma le idee più che chiare: da grande voleva giocare a basket a livello agonistico, portando avanti la tradizione di famiglia. Gianna Maria era la seconda di quattro figlie femmine: Natalia, 17 anni, Bianka, 3 anni, e Capri, appena 7 mesi. L’unica, però, ad aver mostrato un sincero interesse per questo sport, tanto da essersi conquistata il soprannome di "Mambacita", da quello del padre, "Black Mamba".
Il suo sogno si sarebbe senza dubbio realizzato, non solo perché il cognome di Gianna era Bryant. Lei, come papà Kobe, era bravissima "nell’uno contro uno". In campo la somiglianza con il cestista del Nba era evidente: avevano le stesse smorfie, le stesse movenze e la stessa abitudine di asciugarsi la mano destra sulla maglia dopo aver tirato un canestro.
Ma soprattutto Gianna Maria da Kobe Bryant aveva preso la determinazione e il coraggio, pronta a sovvertire qualsivoglia luogo comune per inseguire il suo sogno. "Una volta davanti a lei alcuni tifosi mi dissero che avrei dovuto avere un figlio maschio per proseguire la dinastia - raccontò Kobe Bryant durante una puntata dello show di Jimmy Kimmel un po’ di tempo fa -. Lei rispose fiera: 'Non vi preoccupate, ci penserò io'". Sicura che una donna potesse giocare a basket come un uomo, forse anche meglio.
Anche Kobe Bryant credeva fortemente nel suo talento e l’aveva presentata a stelle e allenatori nel basket femminile. Lei, però, sapeva già dove avrebbe voluto giocare una volta diventata grande: era una fan della squadra dell'Università del Connecticut e lì avrebbe voluto studiare una volta finito il liceo. Il suo entusiasmo aveva riacceso la passione di Kobe Bryant, che dopo il suo "addio" al basket nel 2016, aveva deciso di allontanarsi dal parquet e dalla palla a spicchi. Black Mamba la portava a vedere le partite dei professionisti, così che potesse captare dei trucchetti da mettere in campo, aveva deciso di allenare la sua squadra, le Mamba Team, filmava spesso i suoi successi e li condivideva sui social. "Quello che mi piace di Gigi (così la chiamava teneramente il suo papà, ndr) è la sua curiosità per il basket, è interessata a tutto. Durante una partita ha la rara capacità di analizzare ciò che accade e di porre le domande giuste", aveva detto Bryant al quotidiano Los Angeles Times lo scorso ottobre.
Ieri, Kobe Bryant stava accompagnando la figlia e alcuni suoi compagni di squadra a Thousands Oaks, in California, dov’era in programma la Mamba
Cup, un torneo con squadre maschili e femminili di pallacanestro organizzato dalla Mamba Sport Academy di Kobe Bryant. Probabilmente a causa della nebbia, il pilota ha perso il controllo dell’elicottero. Sono morti entrambi per un sogno.
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